Straordinario affresco in chiaro scuro di un'epoca (i meravigliosi folli
anni '70), di un mondo (l'industria nascente del cinema porno nella San
Fernando Valley, sua futura "mecca") e di una generazione di visionari
sbandati, aggressivi e teneri al tempo stesso, alla ricerca di una
scorciatoia per il sogno americano, lontani dalle luci (riflesse) della
Hollywood che conta. Il talentuoso P.T. Anderson, muovendosi sulla scia
di Altman e Scorsese, dimostra di avere già le doti del grande narratore
di storie corali e la personalità necessaria per metterle in scena con
energia, cinismo e la giusta dose di caustica ironia agrodolce. Senza
indulgere mai in mitizzazioni "romantiche", lo sguardo del regista si
mantiene perennemente "incollato" ai suoi personaggi, pittoreschi ma
amabili nella loro manifesta fragilità, evidenziando una nostalgica
tenerezza verso un periodo unico ed irripetibile che, tra tanti eccessi e
troppe chimere, ha prodotto i massimi risultati nel campo delle arti
"popolari". Grande cast (in cui spiccano il gagliardo Burt Reynolds e la
depressa Julianne Moore), possente sceneggiatura, fotografia
psichedelica, montaggio intensamente espressivo, tecnica sopraffina,
ricostruzione ambientale sontuosa per uno dei migliori film degli anni
'90. Il pornodivo Dirk Diggler, inventato dal regista e interpretato da
Mark Wahlberg, è evidentemente ispirato alle gesta del celebre John
Holmes, icona maschile dei porn movies. Tra i tanti momenti alti
del film ne voglio ricordare due: il rutilante incipit che omaggia
pedissequamente, e con rinnovata energia, lo scorsesiano Goodfellas, rifacendo
la mitica sequenza dell'ingresso di Henry e Karen nel night club, da
dietro le quinte, con la camera che li bracca. Ed il passaggio dai 70's
agli 80's, tragico e spettacolare, per rimarcare la brusca fine di
un'età e di un sogno. Opera seminale nella filmografia del regista, è
ben superiore al successivo, e generalmente più considerato, Magnolia.
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