Remake "ingigantito" di un misconosciuto noir "made in Hong Kong" (Infernal Affairs,
2002) egregiamente sceneggiato da William Monahan e diretto con mano
sicura dall'esperto Scorsese che, pur limitandosi al lavoro "di
routine", ha sempre piglio e talento necessari ad una storia "da strada"
di questo tipo. New York cede il posto a Boston, la mala italiana a
quella irlandese, gli spaghetti alla birra scura, ma la morale è sempre
la stessa: un gruppo di "bravi ragazzi" che si "danno da fare" per
ritagliarsi, con ogni mezzo, un posto di primo piano nel sogno
americano. Il cast è sontuoso (Nicholson, DiCaprio, Damon, Wahlberg,
Sheen sr., Alec Baldwin), il plot è un notevole intreccio, a più
livelli, di vite clandestine, destini incrociati, doppi e tripli giochi,
con un falso poliziotto ed un falso criminale che si contendono la
piazza, la donna e la vita in una lotta (a distanza) senza quartiere. Il
deus ex machina è un boss mafioso istrionico guascone
(Nicholson) che cerca di gestire le vite di tutti ma ha anche lui i suoi
segreti da custodire. Nel groviglio di sottotrame e personaggi a volte
qualcosa non convince e Scorsese ha già detto tutto (e meglio)
sull'argomento, ma il finale nero ha il sapore acre del sangue e
cancella ogni dubbio con la sua trascinante forza nichilista, degno di
una tragedia classica. Tra gli attori Wahlberg spicca su tutti i "mostri
sacri", le musiche sono (come sempre) eccellenti e l'azione è ben
alternata allo scandaglio psicologico dei personaggi, dando forse
eccessivo spazio ad un DiCaprio troppo palestrato e troppo tormentato
per risultare credibile. E' stato gratificato con quattro Oscar
"pesanti" tra cui il dovuto, e tardivo, premio al grande Martin,
omaggiato, nella sua meritata notte di gloria, dagli amici e colleghi di
una vita: Francis Ford Coppola, Steven Spielberg e George Lucas. E'
paradossale che, dopo tanti capolavori, Scorsese sia stato premiato
dall'Accademy con un film "normale", ma la storia degli Oscar è anche
questo. Nella filmografia, non sempre straordinaria, del grande Maestro
italo-americano nel nuovo millennio è uno dei suoi risultati più
convincenti. D'altra parte, vista la trama, il buon Martin giocava "in
casa".
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