Mète è un giovane di buone maniere che lavora come tecnico grafologo e non riesce a perdonare suo padre Sergio, che vent'anni prima ha lasciato la famiglia per amore di un'altra donna (Virna) da cui ha avuto una figlia: l'adolescente Belinda, tanto bella quanto impertinente. In occasione delle nozze tra Sergio e Virna, Belinda si trasferisce momentaneamente nell'appartamento del suo fratellastro Mète, che è sempre stato segretamente attratto da lei. La presenza della fascinosa ospite turba l'abitudinaria quotidianità del ragazzo, che, combattuto tra desideri e sensi di colpa, cerca in tutti i modi di "sfuggirle", trascorrendo la maggior parte del tempo fuori casa insieme agli amici di sempre: il vispo Damiano (sciupafemmine impenitente) e l'ombroso Bruno (cronicamente depresso per problemi familiari). Ma la sensuale sorellastra diventerà ben presto l'elemento catalizzatore e disgregatore della compagnia. Il secondo lungometraggio di Matteo Rovere, tratto dall'omonimo romanzo di Sandro Veronesi, è un quieto dramma generazionale che, rispetto alla fonte letteraria di ispirazione, sposta l'azione dalla fine degli anni '80 al 2010. Con passo lento e tono mesto si accende solo quando è in scena la sexy "lolita" Belinda, che rifulge di maliziosa carnalità grazie alla performance "generosa" della giovane attrice italo-spagnola Miriam Giovanelli, ma che è forse un po' troppo caricata nei suoi stereotipi di acerba ammaliatrice. Il senso intimo del film, espresso già dal perentorio titolo, è quello di tracciare un affresco decadente, implosivo ed a tratti psichedelico dei così detti "sfiorati", ovvero una generazione di persone smarrite, annoiate, irrisolte, fuori tempo e fuori luogo, che oscillano tra abitudini ed eccessi senza mai riuscire a trovare una propria chiara identità, quasi inconsapevolmente sospesi in un limbo inerte. La riuscita metafora della grafologia (che consente di individuare "scientificamente" gli appartenenti alla categoria degli "sfiorati" attraverso l'analisi della scrittura) serve a fornire una base di astrazione alla suddetta condizione esistenziale, in bilico tra l'autodistruzione e la ricerca del piacere. La possibile via d'uscita suggerita dall'autore è, manco a dirlo, l'eros, inteso come elemento di ancestrale vitalità che sfugge all'inedia e vira verso un'inevitabile trasgressione, che funge sia da mezzo di soddisfazione che di oblio. Un oblio in cui perdersi, attenuando per un attimo il proprio stato di spaesamento. Non tutto funziona bene in questa pellicola altalenante, ad esempio la riflessione critica sulla generazione degli "sfiorati" appare troppo di maniera, oltre che ristretta ad una èlite abbiente ed alto borghese. Sono generalmente di buon livello le interpretazioni degli attori, in particolare Andrea Bosca, Michele Riondino, Aitana Sánchez-Gijón e Claudio Santamaria. La "ninfetta" di
Miriam Giovanelli convince solo in parte, mentre Asia Argento, nel ruolo di una giovane donna, fatale nell'aspetto ma intimamente disperata, viene tenuta a briglia corta dal regista e risulta più misurata del suo solito. L'operazione complessiva riesce soltanto a metà e il film, alternando momenti ottimi ad altri di ingenuo impaccio, arriva appena a sfiorare il suo intento di esegesi sociale sulla gioventù contemporanea.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento