Nella Puglia garganica due clan criminali, i Malatesta ed i Camporeale, sono in guerra perenne, fin da quando, nel 1960, l'intera famiglia Malatesta venne sterminata e riuscì a salvarsi soltanto il piccolo Michele. Cresciuto in fretta e diventato boss, Michele Malatesta si è vendicato, uccidendo a sua volta senza pietà i principali membri della famiglia rivale. Ai giorni nostri vige una labile tregua tra le due gang, grazie all'azione paziente di una terza famiglia, i Montanari, che si adoperano per mantenere quella pace necessaria affinché i rispettivi affari criminosi possano svolgersi col massimo profitto. Ma la situazione precipita quando Andrea Malatesta, figlio prediletto del boss Michele, s'innamora della bella Marilena, moglie di Santo Camporeale, gettandosi a capofitto in una relazione appassionata e clandestina sempre più difficile da gestire. E il sangue scorrerà di nuovo a fiumi, ma non senza sorprese. Scritto e diretto dal pugliese Pippo Mezzapesa, che si è liberamente ispirato alla vera storia della donna di mafia Rosa Di Fiore ed all'omonimo libro d'inchiesta di Carlo Bonini e Giuliano Foschini che l'ha raccontata, Ti mangio il cuore è un solido noir all'italiana, violento e teso, crudo e viscerale, ma messo in scena con uno stile di grande fascinazione evocativa e di potente respiro tragico. Tra tutte le mafie italiane, quella garganica della provincia di Foggia è sicuramente la meno conosciuta e meno raccontata ed è forse anche per questo che il film riesce ad avere un impatto così forte, al punto da apparire quasi come un crime movie "originale", in un panorama così inflazionato come quello del genere malavitoso. Mezzapesa compie una precisa scelta innanzi tutto estetica, dimostrando di possedere un talento che merita attenzione: raffigurare la Puglia rurale, in cui personaggi barbari combattono faide antiche e sanguinose, alla stregua di un western "preistorico", con una magnifica fotografia in bianco e nero fortemente contrastata che esalta i conflitti interiori tra i vari personaggi ed una padronanza delle immagini e dei movimenti di camera che ci regala, in una lunga serie di primi piani e campi lunghi, parecchie sequenze memorabili, che riescono a rendere "nuova", ed a tratti visionaria, una storia antica, brutale ed intrisa di veleni ancestrali che si tramandano di generazione in generazione. Impossibile non citare, in tal senso, scene come la strage del prologo, la "sfilata" delle vedove di nero vestite o l'amore nella salina, che ci fanno capire come questa pellicola sia ben sopra la media dei prodotti nostrani di questo tipo. I personaggi principali sono finemente caratterizzati e quasi tutti gli attori del cast risultano bravissimi, praticamente perfetti nei rispettivi ruoli. Menzione speciale per Tommaso Ragno, che riesce a dare al suo Michele Malatesta un volto plumbeo e tetro, quasi scolpito nella roccia. E sua moglie Teresa, splendidamente tratteggiata dalla brava Lidia Vitale, riesce ad essere la figura più emblematica dell'intero racconto, la personificazione della mentalità mafiosa e della sua atavica ineluttabilità. Sono da lodare anche due interpreti navigati e di spessore come Michele Placido e Francesco Di Leva, mentre il protagonista Francesco Patanè è forse un po' l'anello debole del cast. Ma la vera, piacevolissima sorpresa è la cantante Elodie che, al suo vero esordio cinematografico (nel precedente Non c'è campo di Federico Moccia aveva fatto solo una fugace apparizione nel ruolo di sè stessa) riesce a fornire una magnifica raffigurazione di Marilena Camporeale: sensuale, ribelle, torva, dolente, intensa, tormentata. Un esordio davvero difficile da dimenticare. Elodie, cantautrice romana di origini caraibiche, ha raccolto messe di elogi e di consensi per questa performance attoriale ed ha anche scritto e cantato (insieme a Joan Thiele) il brano principale della colonna sonora: "Proiettili (ti mangio il cuore)".
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