Texas, 1979. Mike Milo, vecchia gloria dei rodei segnato da un tragico lutto familiare e da un grave incidente che gli ha compromesso schiena e carriera, riceve un delicato incarico dal suo capo, Howard Polk, a cui non può dire di no: andare in Messico per recuperare suo figlio Rafael, affidato da anni ad una madre indegna, e riportarlo da lui. Il vecchio Mike, sgualcito ma ancora indomito, parte da solo per mantenere la parola data, ma si imbatte in una serie di difficoltà impreviste che renderanno problematico il lungo percorso di ritorno verso casa: Rafael è un ragazzo ribelle cresciuto per strada che ha come unico "amico" un gallo da combattimento chiamato Macho che porta sempre con sè e sua madre è una donna di malaffare che sguinzaglia i suoi sgherri e la polizia federale sulle tracce dei due improvvisati compagni di viaggio pur di fermarli. Cry Macho è il 39° lungometraggio di Clint Eastwood regista e il 49° da attore protagonista. Nonostante i 91 anni ormai compiuti e le tante occasioni in cui ha annunciato il suo "never again" come interprete davanti alla macchina da presa, la leggenda vivente di Hollywood continua a stupirci incurante del tempo passato, rimettendosi ogni volta "di nuovo in gioco". Tratto dal romanzo omonimo di N. Richard Nash, autore anche della sceneggiatura insieme a Nick Schenk, questo road-movie oltre frontiera è una lenta ballata "western" che mette al centro il rapporto umano tra due personaggi apparentemente agli antipodi, un vecchio gringo sul viale del tramonto e un ragazzo messicano sbandato, diffidente ma bisognoso dell'affetto familiare che gli è sempre stato negato. Tra dialoghi secchi, paesaggi selvaggi, figure manichee e situazioni al limite della credibilità, Eastwood non mette in scena l'ennesimo canto del cigno malinconico sul mito del suo stesso personaggio (lo ha già fatto egregiamente in passato e non avrebbe senso rifarlo di nuovo), ma sceglie la via insidiosa dell'idillio pacificato e della speranza di una seconda occasione, per il giovane irruento che sogna una vita diversa al di là di quel border che è più che mai confine esistenziale oltre che geografico e per l'anziano leone stanco che cerca un porto salubre per gli ultimi squilli di romantica tranquillità. Purtroppo tutto appare un po' forzato, sgualcito, già visto e poco ispirato, come se il grande attore-regista si stesse avventurando in sentieri non esattamente consoni alla sua poetica. Tra sequenze di magica poesia alternate ad altre di artificiosa inverosimiglianza sul filo dell'autocelebrazione, il film avanza incerto, senza troppi sussulti, verso il finale atteso che lascia una chiara sensazione di incompiuto. Il messaggio filosofico di fondo, che demistifica criticamente l'icona concettuale del "macho", ridefinendola in virtù di una saggezza illuminata ormai raggiunta che sposta l'attenzione sulla forza dei sentimenti piuttosto che su quella dei muscoli, è indubbiamente forte e fa il suo sicuro effetto etico, specialmente se enunciato da un duro per eccellenza come il Clint Eastwood attore. Ma se la "novità" va salutata con interesse, non basta a risollevare del tutto le sorti di un'opera di flemmatico orientamento e di incerto spessore, in cui i lampi del grande autore, che tutti ben conosciamo e di cui per sempre gli saremo grati, s'intravedono solo a tratti.
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