Agli inizi del '900 Eduardo Scarpetta, comico, commediografo, fondatore e capo dell'omonima compagnia teatrale, è il più famoso attore napoletano. Adorato dal pubblico, rispettato da tutti, temuto dai suoi attori, ha saputo sfruttare il suo grande successo ai botteghini dei teatri cittadini diventando ricco e potente. Uomo ingombrante, vivace, istrione, affabulatore e donnaiolo incallito, vive in una piccola reggia che si è fatto costruire sulla collina del Vomero insieme alla sua enorme famiglia allargata, tra moglie compiacente e amanti varie, con un esercito di figli tra cui tre legittimi, che portano il suo cognome, e molti altri non ufficialmente riconosciuti, tra cui Eduardo, Titina e Peppino, nati dalla relazione con la giovane Luisa De Filippo, nipote di sua moglie. I tre ragazzini lo chiamano "zio", fingendo di ignorare la verità, cresceranno dietro le quinte del palcoscenico, osservando, imparando e recitando in piccoli ruoli, e passeranno poi alla storia come i fratelli De Filippo, cambiando per sempre le sorti del teatro popolare dialettale. In particolare Eduardo, da sempre invidiato e osteggiato dal primo erede naturale Vincenzo Scarpetta, appare fin da subito quello più dotato, l'unico che ha veramente ereditato il talento del padre, che poi in futuro supererà di gran lunga divenendo un drammaturgo, commediografo e attore conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Smanioso di lanciarsi in nuove imprese, Scarpetta abbandona momentaneamente il successo sicuro della sua commedia più famosa ("Miseria e nobiltà") e decide di scrivere una parodia comica di un dramma di Gabriele D'Annunzio, "La figlia di Iorio", dopo aver chiesto e ottenuto un ambiguo lascia passare verbale dal poeta Vate nazionale. Ma questa decisione segnerà l'inizio del suo inevitabile tramonto. Straordinario dramma autobiografico scritto e diretto da Mario Martone sulla movimentata vita di Eduardo Scarpetta, che si avvale di una ricostruzione ambientale sontuosa che riesce a catturare perfettamente lo spirito dell'epoca, delle magnifiche interpretazioni di un cast eccellente in cui svetta il mattatore Toni Servillo e della capacità dell'autore di mescolare sapientemente il piano artistico con quello esistenziale, il palcoscenico e la vita, i personaggi e le persone, il "vero volto" e la maschera che lo copre, creando un unico microcosmo sfuggente, pregnante e pulsante in cui il gesto artistico definisce, occulta, giustifica e drammatizza i sentimenti, i destini e le discutibili scelte degli adulti che, inevitabilmente, ricadranno sui figli. In questo film brioso e ambizioso, tutto sfumato tra farsa e tragedia proprio come il teatro di Eduardo, Martone ci offre spesso il punto di vista, intimamente tormentato ma già determinato, del più geniale dei tre De Filippo, che, nonostante l'età preadolescenziale, aveva già in sè i primi germi del fuoco dell'arte e della disciplina del leader. Tra sequenze di grande potenza evocativa e continue invenzioni che mescolano il piano teatrale con quello reale, assecondando la mitologia barocca di una città come Napoli che è da sempre, nell'immaginario collettivo, un immenso teatro a cielo aperto, l'autore traccia sapientemente l'affresco di un'epoca, un racconto di formazione artistico, un momento cruciale di cambiamenti storici culturali ed una sommessa parabola fatta di sconfitte, incastonando il tutto nello spirito apparentemente burlesco di una grande tragedia familiare. L'intenso dialogo tra Scarpetta (che cerca disperatamente di essere riconosciuto anche al di fuori di una dimensione popolare e "triviale") ed il filosofo Benedetto Croce chiarisce (?) anche il pensiero di Mario Martone in merito all'eterna diatriba tra "arte colta" e "arte popolare", che da sempre contrappone la critica elitaria al pubblico di massa nella catalogazione delle opere teatrali e cinematografiche. E il regista napoletano, raccontando e inscenando il teatro, riesce a fare, come sempre, grandissimo cinema. Oltre al gigantesco Servillo vanno segnalati nel cast Cristiana Dell'Anna,
Maria Nazionale, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta, Gianfelice Imparato, Lino Musella e Alessandro Manna. Presentato in concorso al 78° Festival di Venezia, il film ha ottenuto vasti consensi di critica ed ha vinto il Premio Pasinetti al miglior attore per Toni Servillo.
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