Prima di inoltrarsi in un'analisi alcune premesse sono necessarie: si
tratta di un film "monco", essendo la prima parte di un'opera concepita
di lunga durata e, se ciò non bastasse, questa è la versione "censurata"
con circa 1 ora di pellicola in meno. Per poter dare un giudizio
definitivo sarà, quindi, necessario vedere quanto meno la parte seconda,
se non addirittura l'intera opera senza tagli nell'attesa di capire se
quest'ultima (come credo) sia la reale versione voluta dal regista
danese. Film scandalo annunciato, furbescamemente dipinto come "porno
d'autore", controverso già a priori fedelmente allo stile del regista
che ama suscitare clamori intorno a sè ed alle sue opere, a cominciare
dall'irridente poster con l'orgasmo multiplo che poco ha a che vedere
con la trama. Diciamo quindi subito che questa pellicola tutto è meno
che un porno, visto che non bastano di certo alcuni primi piani
"ginecologici" (tra l'altro elementi sporadicamente già visti nel cinema
di von Trier) a definirla tale. Va invece detto che questa prima parte,
a mio avviso splendida, è una potente e provocatoria riflessione sui
temi da sempre cari al regista, suddivisa in capitoli, narrata con stili
e toni differenti, ed a molteplici livelli interpretativi. La più
evidente essenza dell'opera è quella del racconto di formazione: il
racconto in flashback di una donna che confessa ad un uomo la sua
ossessione per il sesso attraverso le tappe salienti della propria vita,
ripartite in tranche dal titolo diverso. Per chi conosce il
regista è evidente l'intento liberatorio del tutto: questo film vuole
essere la summa della sua estetica e delle sue tematiche, una lunga
seduta di auto-analisi i cui attori principali sono le due anime di von
Trier: la componente razionale, tipicamente identificata con il maschio
(Seligman, guarda caso un nome ebraico) e quella istintiva, che il
regista identifica da sempre con la femmina (Joe), riconfermando la sua
attrazione e la sua "paura" verso l'elemento femmineo. Credo che il
regista si identifichi con entrambi i personaggi, poli opposti di
un'ambigua personalità, ma dimostra di aver compreso perfettamente
l'essenza di Joe di cui enfatizza splendidamente la ricerca estrema, e
disperata, del piacere come strumento di libertà più che di perversione.
In questa seduta a due emergono tutte le ossessioni dell'autore, sempre
in forma di antitesi: sesso e amore, ragione e istinto, vita e morte,
vizio e virtù, fede e agnosticismo, adesione ad un "dogma" ed
inevitabile infedeltà verso i suoi principi. La struttura a capitoli è
un valore aggiunto di questo viaggio multiforme in cui gli stili diversi
e le trovate registiche danno forma pregnante alle differenti stagioni
di vita della protagonista: dopo un prologo oscuro che ricorda Dogville per le tetre ambientazioni, il primo capitolo (The Compleat Angler) è uno sfacciato assaggio sul mondo di Joe, con la forza impudente della ribellione giovanile. Il secondo (Jerôme)
è una problematica riflessione sul rapporto tra sesso e amore, sulla
sua lettura in termini di potere e sull'eterna questione se sia più
antinomia o connubio, domanda a cui vengono date molteplici possibili
risposte a seconda se sia Seligman o Joe a parlare. Il capitolo terzo (Mrs. H)
è uno straordinario dramma da camera, dal tono bergmaniano per l'enfasi
accademica e la vivisezione dei sentimenti, che vira nel surreale per
l'evidente improbabilità della situazione che riflette sarcasticamente
sul moderno concetto di famiglia "allargata". Stupefacente la Thurman
per intensità ed espressività drammatica. Il quarto capitolo (Delirium)
è quello più struggente e "sentimentale" ma il tocco finale,
visivamente geniale, è puro Lars von Trier: tutto il suo cinema in una
sola immagine. L'ultimo capitolo (The Little Organ School) è il
migliore insieme al terzo: visivamente ricercato, stilisticamente
brillante, sancisce relativismo e molteplicità come uniche sensate
possibilità di giudizio. Nel sesso, come nella vita dell'uomo, non
esiste una singola via o un unico modo: noi siamo il compendio di
numerose "voci", spesso contrastanti tra loro ma tutte necessarie alla
realizzazione dell'insieme. In attesa di vedere la seconda parte (che
potrebbe far variare il giudizio complessivo) credo che questo sia il
miglior film del regista insieme a Dogville. A voler trovare un
evidente difetto direi che il casting di Shia LaBeouf per il ruolo
chiave di Jerôme non è stato dei più felici.
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