E', probabilmente, il film più famoso, anche se non il migliore, del grande Maestro austriaco, di sicuro il più influente sulla cinematografia successiva e sull'immaginario collettivo. Ambizioso ed enorme apologo, proiettato nel futuro, su temi sociali di grande attualità e complessità (la lotta di classe, la dialettica capitalismo/socialismo, il controllo delle conquiste scientifiche, l’automazione e la conseguente disumanizzazione del lavoro operaio), ha il suo "problema" più vistoso nell'evidente divario tra l’imponente apparato scenografico e la fantasia visiva da un lato, e la fragilità, dall’altro, di un intreccio narrativo che mescola elementi troppo eterogenei (l’ambientazione futuristica, il romanticismo di stampo ottocentesco nel ritratto dello scienziato e dell’automa da lui creato, il sentimentalismo della storia d’amore e la superficialità della soluzione finale della pace tra padroni e lavoratori). Colpa soprattutto della sceneggiatura della Von Harbou, mentre tutti i meriti dell'opera vanno alla straordinaria regia di Lang, che inventa immagini di vibrante forza plastica, e, insieme, la visione fantastica di un mondo futuro che colpì indelebilmente la fantasia del pubblico. Il film fu un grande successo mondiale e resta una delle opere fondamentali del cinema muto. Praticamente ogni visione del futuro venuta dopo deve qualcosa al genio visionario di Lang.
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