La dottoressa Louise
Banks è una stimata linguista con una tragedia familiare alle spalle, che viene
convocata dall’esercito per una missione straordinaria: cercare di comunicare
con entità aliene che hanno inviato dodici astronavi in punti diversi della
terra. Coadiuvata dal fisico Ian Donnelly, la Banks dovrà trovare un protocollo di comunicazione
con i misteriosi visitatori per capire chi sono, cosa vogliono e da dove
vengono. Mentre tutto intorno cresce l’isteria dei paesi più belligeranti, che
vorrebbero attaccare gli alieni in cui vedono una possibile minaccia, la Banks cerca di decifrare la
scrittura simbolica degli ospiti e stabilire con essi un rapporto di reciproca
fiducia, in una disperata corsa contro il tempo. Dal racconto "Storia della tua vita" di Ted
Chiang, il promettente Denis Villeneuve ha tratto un ambizioso film di fantascienza
esistenziale con intenti filosofici, corroborato da spunti scientifici
verosimili (la teoria di Sapir-Whorf) per rinforzarne la tesi e nobilitarne
l’impianto concettuale. Il tema dell’incontro tra umani e alieni è stato
ampiamente abusato da tutta la fantascienza (sia letteraria che
cinematografica) al punto che ormai è difficile aspettarsi qualcosa di nuovo. Il
regista canadese ci riesce solo in parte, muovendosi sulla scia di Spielberg (Incontri ravvicinati del terzo tipo), Zemeckis (Contact) e soprattutto del recente Interstellar di Christopher Nolan. Senza svelare troppo della
trama possiamo limitarci a dire che il tentativo (encomiabile) di realizzare
un’opera di fantascienza “colta” per il grande pubblico ha dato vita ad un’affascinante
miscela di sci-fi emotiva improntata
sul fattore umano, che cerca di scavare nel profondo del nostro animo. Ma non
tutto quadra e non tutto convince tra pseudo scienza divulgativa e digressioni
filosofiche esistenzialistiche. Come a dire: prendi Tarkovskij e piegalo alle
regole del mainstream, barattandone
la poesia con il sentimentalismo e la capacità di astrazione con un più
rassicurante didascalismo. Ma il film (che ha raccolto consensi quasi unanimi
presso la critica e il pubblico) ha anche i suoi meriti nelle suggestioni
ipnotiche (la straordinaria sequenza degli eptopodi che tracciano gli ideogrammi
circolari sulla vetrata di separazione vale da sola il prezzo del biglietto),
nell’approccio intimistico (come una dolce poesia malinconica sussurrata
all’orecchio) e nel suo reale significato di elegia della vita nella sua
pienezza, perchè, anche se il finale è certo, vale comunque la pena di
assaporarne le emozioni. La confezione tecnica è di primissimo ordine e Villeneuve
conferma il suo talento di autore emergente. Nel grande cast, che annovera Amy
Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker e Michael Stuhlbarg, svetta la
protagonista femminile con un’interpretazione di coinvolgente intensità
drammatica.
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