mercoledì 18 gennaio 2017

Morgan (Morgan, 2016) di Luke Scott

Una misteriosa e potente corporazione che agisce nell’ombra ingaggia la giovane specialista Lee Weathers, donna fredda e dinamica che risolve problemi, per gestire una delicata situazione in un segreto centro di ricerche scientifiche nascosto nei boschi del nord America. Il personale del laboratorio è alle prese con Morgan, un essere di sesso femminile creato artificialmente combinando DNA sintetico con DNA umano, dotato di facoltà straordinarie e improvvisamente divenuto pericoloso dopo la cruenta aggressione a una dottoressa. Il confronto tra Morgan e la Weathers darà il via ad una tragica escalation di avvenimenti che metteranno a dura prova le convinzioni di tutti i membri dello staff scientifico, che hanno fortemente empatizzato con la creatura durante i cinque anni di convivenza promiscua. Interessante esordio di Luke Scott (figlio del celebre Ridley, qui in veste di produttore) con questo cupo thriller fantascientifico che stinge nell’horror, si vela di suggestioni distopiche e ricicla efficacemente il vecchio mito di Frankenstein sulla creazione della vita artificiale e sui diritti del “mostro” di esistere in un mondo in cui è stato catapultato in nome del progresso scientifico. Senza soffermarsi troppo sulle questioni morali e sulle implicazioni filosofiche sottese da temi così delicati, il film possiede il giusto patos ed un’affascinante stile visivo, specialmente nelle sequenze finali ambientate nei selvaggi boschi nordamericani. Il finale a sorpresa, invero non proprio imprevedibile per il pubblico più esperto, conferisce alla vicenda un tono cinicamente beffardo e strizza l’occhio a soluzioni già viste in vecchi film di Scott padre (che ovviamente mi guardo bene dal menzionare per evitare spoiler). Eccellente l’interpretazione di Anya Taylor-Joy, che conferisce all’androgina Morgan una caratterizzazione inquietante sospesa tra innocenza e brutalità, compassione e pericolo. Buone anche le performance del resto del cast, con il sempre bravo Paul Giamatti in una fugace apparizione che è però anche la scena più intensa del film (il confronto tra lo psicologo e la creatura), e Jennifer Jason Leigh, Toby Jones e Michelle Yeoh in ruoli di contorno. Probabilmente il punto debole risiede nella scelta di Kate Mara, che non possiede il carisma adatto per il ruolo della coprotagonista Lee Weathers. Pur nell’ambito di un prodotto di genere fortemente derivativo e ben poco originale, la pellicola si fa apprezzare per il ritmo serrato, l’estetica affascinante, il tono sinistro e l’agilità delle svolte narrative. Va quindi giustamente annoverato come un film sopra la media dei suoi consimili.

Voto:
voto: 3,5/5

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