lunedì 30 gennaio 2017

The Lobster (The Lobster, 2015) di Yorgos Lanthimos

In un ipotetico futuro (a noi prossimo) la società ha bandito lo status di single e, tutti coloro che hanno superato una fascia d’età e si trovano senza partner, vengono deportati in un hotel, solo apparentemente lussuoso, nel quale vigono rigide regole comportamentali. Gli “ospiti” sono costretti a socializzare tra di loro e hanno 45 giorni di tempo per trovare l’anima gemella, altrimenti saranno trasformati in un animale da loro scelto al momento del check-in. Per aumentare il periodo di permanenza i single possono anche dedicarsi alla caccia ai ribelli che vivono nel bosco attiguo, guadagnando un giorno per ogni dissidente catturato. David, scialbo uomo di mezza età  lasciato dalla moglie e insofferente rispetto ai rituali imposti nell’albergo, non riesce ad empatizzare con nessuno tra gli “ospiti” e, prima di pagare il dazio della trasformazione, decide di fuggire per unirsi ai ribelli nel bosco. Qui s’innamora, ricambiato, di una rivoltosa con problemi di vista, ma scoprirà, suo malgrado, che le regole del nuovo gruppo proibiscono i legami sentimentali. Ambizioso dramma di fantascienza distopica costruito sul filo del paradosso dal greco Lanthimos, sotto la lente deformante di un grottesco acido che a volte indulge in sequenze truci. L’evidente intento polemico nei confronti del conformismo sociale, che il regista intende deridere attraverso quest'aspra farsa dal tono dark, viene attenuato dall’estrema seriosità di un’opera cinicamente ampollosa, così tronfia da scadere nel sadismo ideologico. Il grande cast (Colin Farrell, Rachel Weisz, John C. Reilly, Léa Seydoux) appare svogliato e poco in sintonia con questo pastiche di suggestioni e di influenze dallo stile asettico che mira a suscitare (riuscendoci perfettamente) un ruvido straniamento nello spettatore. Lanthimos gioca a fare l’Haneke ma senza possederne il rigore concettuale, la densità tematica, l’estro stilistico e la tagliente snellezza. L’eclissi dei sentimenti in un mondo ormai dominato da mode, convenzioni, opportunismo e materialismo, non può che condurre ad un nuovo Medioevo in cui la ragione ha ceduto il posto alla mostruosità e la libertà individuale alle etichette sociali. E’ questo il messaggio di fondo di un’opera troppo austera per essere lucida e troppo bigia per cogliere realmente nel segno. Il film ha ricevuto il Premio della Giuria al Festival di Cannes 2015. Il titolo (lobster) allude all’animale scelto da David in caso di trasformazione: l’aragosta.

Voto:
voto: 3/5

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