giovedì 16 febbraio 2017

A Bigger Splash (A Bigger Splash, 2015) di Luca Guadagnino

Marianne, celebre star del rock rimasta momentaneamente senza voce per un intervento alle corde vocali, si concede una vacanza estiva in un’elegante villa di Pantelleria insieme al giovane amante Paul, tormentato fotografo documentarista. I due vivono spudoratamente la loro passione tra vento, sole, sale e sesso, consumato in assoluta libertà nei luoghi più disparati. Ma tutto cambia quando alla coppia si unisce il ciarliero Harry, produttore musicale ed ex amante della donna, accompagnato dalla giovane figlia Penelope. Mentre Harry fa di tutto per riconquistare Marianne, che non sembra averlo dimenticato, l’inquieto Paul inizia a flirtare con la ventenne Penelope, dando inizio ad un torbido “gioco” che porterà a conseguenze tragiche. Melodramma psicologico con atmosfere thriller diretto con mano sicura da Guadagnino, che si è liberamente ispirato a La piscina di Jacques Deray, realizzandone un remake luminoso e gaudente che riflette sul potere del desiderio, sulle dinamiche dell’erotismo e sul lato oscuro della natura umana. Pur spostando l’azione dalla modaiola Saint-Tropez alla selvaggia Pantelleria, l’autore rispetta il senso, le simbologie e persino i nomi dei personaggi principali del film francese del 1969. Anche qui la piscina è il centro dell’azione ed il talamo intorno a cui i corpi felini dei quattro protagonisti si abbandonano all’estasi della seduzione, della trasgressione e del risentimento strisciante. Pur nei limiti di un rifacimento ammiccante il regista siciliano conferma il suo talento nella rappresentazione delle dinamiche umane, con l’immancabile contrasto tra severità e carnalità, amore e morte. L’aspra bellezza dell’isola italiana conferisce alla storia un senso di pacato straniamento, una sorta di limbo sospensivo in cui i quattro stranieri (ricchi e viziati) possono crogiolarsi  sfacciatamente, con la boria dei privilegiati che si sentono al di sopra di tutto e che si abbandonano alle proprie pulsioni con l’assoluta certezza dell’impunità. In tal senso l’afosa ambientazione isolana amplifica l’ideale stesso di vacanza come fiero momento di franchigia dalle regole morali. Appare invece posticcia e ridondante la parentesi sul tragico problema dei migranti, che nel finale si mescola in controcampo alla vicenda dei protagonisti stranieri, facendoli apparire, questo sì, ancora più alieni. Nel grande cast la controparte maschile (Ralph Fiennes e Matthias Schoenaerts) si dimostra più in forma di quella femminile (Tilda Swinton e Dakota Johnson), mentre ha un’aria amabilmente kitsch la figura del maresciallo di Corrado Guzzanti. La pur brava Swinton, autentica musa del regista palermitano, appare probabilmente come una scelta troppo dura e androgina per un ruolo di questo tipo (specialmente se confrontata con la sensuale Romy Schneider dell’originale). Scena cult: uno sfrenato Ralph Fiennes che balla e canta sulle note di “Emotional Rescue” dei Rolling Stones, per poi tuffarsi nudo nella piscina della discordia.

Voto:
voto: 3,5/5

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