martedì 28 febbraio 2017

Barriere (Fences, 2016) di Denzel Washington

Pittsburgh, anni ’50: Troy Maxson è un netturbino di colore, bellicoso chiacchierone che si batte quotidianamente contro le discriminazioni razziali. Sposato con la devota Rose, ha anche un’amante, un amico inseparabile e due figli contro cui combatte ostinatamente perché non ne condivide le aspirazioni di carriera (uno musicista jazz e l’altro giocatore di baseball). Uomo sfrontato e rancoroso, Troy dovrà presto fare i conti con i suoi errori e con le asperità del suo carattere, mettendosi contro tutti i suoi cari. Intenso dramma familiare diretto e interpretato dal divo Denzel Washington, che ha adattato scrupolosamente l’omonima opera teatrale di August Wilson del 1983, premiata con il premio Pulitzer per la drammaturgia. Curiosamente Wilson viene accreditato anche alla sceneggiatura della pellicola, nonostante sia deceduto nel 2005. L’origine teatrale viene minuziosamente rispettata in un film lungo, verboso e ambientato quasi interamente in uno spazio scenico ristretto: il cortile di casa Maxson dove Troy si adopera in predicozzi e invettive, mentre è intento a tirar su quel recinto, voluto dalla moglie, simbolo materiale delle “barriere” del titolo. Barriere fisiche, barriere sociali, barriere familiari e, soprattutto, barriere esistenziali, perché non è mai chiaro se la recinzione serve a proteggere chi resta dentro o ad escludere chi resta fuori. Su questo sottile gioco ambivalente si costruisce l’intero film, concepito come una lunga sequenza di scene madri, alcune ben riuscite ed altre ampollose. E’ essenzialmente un film di attori: bravo Denzel Washington nei panni dell’esuberante protagonista, bravissima Viola Davis, premiata con l’Oscar alla miglior attrice non protagonista per la sua appassionata interpretazione di Rose Lee Maxson, ago della bilancia di una famiglia allo sbando. La forte connotazione tetrale dell’opera, unita a una messa in scena ripetitiva che ne asseconda la dimensione domestica, ne costituisce, al tempo stesso, il punto di forza e di debolezza. Lodevole l’introspezione psicologica dei personaggi principali, segno di una maggiore maturità registica di Denzel Washington rispetto alle sue due opere precedenti. Nel 2010 Washington e la Davis avevano già interpretato con successo i medesimi ruoli nella versione teatrale di “Fences” a Broadway.

Voto:
voto: 3,5/5

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