giovedì 2 febbraio 2017

Collateral Beauty (Collateral Beauty, 2016) di David Frankel

Howard è un manager pubblicitario brillante e di successo, che cade in uno stato di profonda depressione a causa di un lutto familiare: la tragica morte di sua figlia di sei anni per un male incurabile. L’uomo diventa così un solitario abulico con tendenze suicide e non riesce più a provare alcun interesse né per la vita, né per il lavoro, né per le persone che lo circondano. Quando la sua azienda finisce sull’orlo del tracollo finanziario, i suoi più stretti collaboratori (e amici) elaborano un sofisticato piano per indurre in Howard uno scossone emotivo e convincerlo a vendere la società evitandone il fallimento. L’idea è quella di assumere tre sconosciuti attori teatrali per fargli interpretare i ruoli delle tre figure astratte a cui Howard ha scritto delle disperate lettere: il Tempo, l’Amore e la Morte. Strampalato drammone natalizio che oscilla tra il melodramma lacrimevole e il favolistico edificante, pieno zeppo di retorica, di situazioni bislacche e di dialoghi leziosi da far invidia alle frasi dei Baci Perugina. D’altra parte, con una sceneggiatura così improbabile e lacunosa nelle scelte narrative, era difficile tirar fuori qualcosa di meglio di questo inverecondo pastrocchio di tragedie patetiche e buoni sentimenti. Ma David Frankel ci mette del suo con una regia anonima e prolissa, riuscendo a sprecare clamorosamente un cast stellare (Will Smith, Edward Norton, Kate Winslet, Keira Knightley, Helen Mirren, Michael Peña, Naomie Harris), in cui il divo Smith è tenuto volutamente fuori fuoco, i protagonisti sono il trio di amici/colleghi (Norton, Winslet, Peña) e l’unica che si salva dal naufragio è l’ironica Mirren nel ruolo della “Morte”. Tra tirate svenevoli e ammiccamenti alla commedia, si avanza a tentoni fino al doppio finale a sorpresa, che non fa che aumentare il senso di frustrazione. Hollywoodiano nella peggiore accezione del termine, è stato un fiasco al botteghino (specialmente in patria) ed ha fatto registrare una totale unanimità di stroncature. Il termine che più gli si addice è spreco: di talento degli attori e di tempo da parte degli spettatori.

Voto:
voto: 2,5/5

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