lunedì 21 febbraio 2022

Il bambino nascosto (2021) di Roberto Andò

Nella Napoli contemporanea Gabriele Santoro è un maturo maestro di pianoforte, uomo schivo e abitudinario, che si è staccato da tempo dalla sua famiglia dell'alta borghesia per condurre un'esistenza solitaria in un vecchio palazzo storico nel cuore dei Quartieri Spagnoli, nel mezzo di una realtà sociale problematica tra criminalità, degrado e gente di malaffare. La sua vita opaca riceve una forte scossa quando nel suo appartamento si introduce di soppiatto un bambino figlio di camorristi, Ciro, in fuga da suo padre che lo vuol consegnare al boss del rione per lavare l'onta di uno sgarro e mettersi al riparo da ritorsioni. Di fronte alla richiesta di aiuto del piccolo, Gabriele decide di accoglierlo e di tenerlo nascosto, per metterlo al riparo dalla spietata "legge" criminale dell'occhio per occhio. Ma in un ambiente in cui anche i muri hanno orecchie e gli occhi indiscreti spuntano da ogni angolo, i rischi per la sua stessa incolumità sono altissimi. Questo delicato dramma sociale di Roberto Andò è l'adattamento per il grande schermo del suo romanzo omonimo, una storia di finzione dall'ambientazione pregante che racconta l'incontro-scontro tra due mondi apparentemente opposti: quello della Napoli "bene", colta e raffinata, dei quartieri alti e quello del crimine organizzato partenopeo, le cui ideologie feroci, prevaricatrici e intolleranti attecchiscono come semi del male anche sui più piccoli, i figli "maledetti" della Camorra, acerbe anime perdute la cui innocenza è stata contaminata troppo presto dall'orrore quotidiano in cui sono stati allevati. Il piccolo Ciro, egregiamente interpretato dal giovanissimo Giuseppe Pirozzi, è uno scugnizzo che possiede già i tratti del delinquente in erba, ma sotto l'arroganza del bulletto possiede ancora nel profondo l'esuberanza e la voglia di tenerezza di un bambino cresciuto troppo in fretta. L'anziano maestro di musica a cui il bravo Silvio Orlando conferisce la giusta dose di decoro, autorevolezza, umanità e solitudine interiore, è un uomo che ha dimenticato l'empatia ma che trova la forza di rimettersi in gioco e rischiare tutto quello che ha costruito in anni di silenzioso isolamento, grazie a questo incontro inatteso e "fatale". Il regista sceglie saggiamente uno stile sobrio, lavorando per sottrazione ed evitando gli inciampi melodrammatici o l'abuso di stereotipi, mettendo in scena un ritratto sincero e malinconico di due anime perse, di una città piena di meraviglie e di contraddizioni, rinnovando, con i modi del racconto di formazione, la tematica sempre fertile della seconda occasione. Non mancano i momenti toccanti di tenera poesia e le belle invenzioni stilistiche, come quella di un delitto di camorra mostrato attraverso una carrellata in verticale che si arrampica all'esterno del palazzo, in modo da "nasconderne" pietosamente la ferocia esplicita. Oltre ai due ottimi attori protagonisti sono eccellenti anche i "caratteristi" di contorno, con almeno due personaggi straordinari: il giovane criminale con la mai sopita passione del pianoforte di Lino Musella ed il vecchio padre di Gabriele, a cui il grande Roberto Herlitzka garantisce un'apparizione di forte spessore in un cameo memorabile. Il finale aperto e leggibile in modi diversi getta ombre poco rassicuranti sulla sempre auspicata risoluzione della così detta "questione" del Mezzogiorno d'Italia.

Voto:
voto: 3,5/5

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