mercoledì 16 febbraio 2022

Macbeth (The Tragedy of Macbeth, 2021) di Joel Coen

Nella Scozia medievale il duca Macbeth, valoroso guerriero fedele alla corona che si è distinto per le sue azioni in battaglia sconfiggendo con eroismo e sprezzo del pericolo un nobile traditore, rimane deluso quando il Re Duncan lo premia con titoli aristocratici invece che con la promessa di ascendere al trono. Infatti, sulla strada del ritorno dalla guerra, Macbeth ha assistito all'apparizione di tre streghe "gemelle" che gli hanno predetto un futuro da re di Scozia. Frustrato nella sua ambizione, contrariato per non sentirsi apprezzato per quanto merita e spinto da una moglie spietata e ossessionata dalla brama di potere, il condottiero mette in atto un sanguinoso piano di regicidio, facendo ricadere la colpa sul giovane principe Malcolm. Ma, una volta salito al trono attraverso l'inganno e il delitto, la sua sete di grandezza non si placa e, tormentato dai sensi di colpa, terrorizzato dal timore di essere tradito e incapace di gestire il truce meccanismo che ha messo in moto, egli scivola progressivamente nel delirio e si macchia di delitti sempre più atroci. Per lui e per la sua malvagia sposa le porte dell'abisso si spalancheranno inevitabilmente. Joel Coen, stavolta senza la sua inseparabile "metà" (il fratello Ethan), ha sceneggiato e diretto, con risultati straordinari, questo ennesimo adattamento cinematografico della famosa tragedia storica di Shakespeare, che non è di certo l'opera migliore del bardo inglese ma una di quelle più rappresentate in teatro e sul grande schermo, anche a causa del fascino oscuro che deriva dalla sua leggendaria nomea maledetta. Girato interamente in interni (con tutti gli ambienti magicamente ricostruiti in teatri di posa) e tecnicamente realizzato in formato 4:3, con un'abbacinante fotografia in un bianco e nero ricco di contrasti e di sfumature, The Tragedy of Macbeth è un autentico gioiello d'autore, formalmente elegante, narrativamente denso, stoico e teso nella messa in scena di fertile astrazione, che è un tripudio di scenografie metafisiche, sequenze evocative, minimalismo geometrico, glaciale asciuttezza, utilizzo geniale dei suoni, delle luci e delle ombre con evidenti ammiccamenti stilistici colti all'espressionismo tedesco degli anni '20 ed alla filmografia shakespeariana di Orson Welles. E' corretto affermare che il grande regista americano realizza, con questo film stupefacente e raffinatissimo, il perfetto sincretismo tra cinema e teatro attraverso la commistione armoniosa tra forma e contenuto, immagini e sonoro, recitazione e suggestione, mito e storia. Particolarmente indovinata la scelta di ridurre "all'osso" il materiale tratto dal testo ispiratore, asciugandolo di tutte le parti che non riguardano strettamente il rapporto tra Macbeth, sua moglie, la bramosia di potere e la follia. In questo modo il film risulta compatto, agile e possente, intimamente epico senza mai ricorrere a forzature spettacolari e fedelissimo all'originale nell'essenza e nei dialoghi, che sono riportati pedissequamente dal "sacro" scritto del bardo. Magistrali le interpretazioni di tutti gli elementi del cast, con menzione speciale per Denzel Washington che giganteggia, ma che viene seguito a ruota da Frances McDormand (moglie del regista) e da una memorabile Kathryn Hunter nel ruolo delle tre streghe. Quando entra in scena lei (anzi "loro") l'intero spazio scenico sembra plagiarsi al suo volere. Ma anche i vari Alex Hassell, Brendan Gleeson, Bertie Carvel e Corey Hawkins offrono delle performance eccellenti e perfettamente funzionali alla visione dell'autore. La principale "modifica" apportata rispetto all'originale letterario, ovvero l'età ben più matura dei due protagonisti, conferisce alla tragedia una ulteriore chiave di lettura di dolorosa riflessione psicologica sul tempo che ci resta. Tre meritatissime nomination agli Oscar 2022: miglior attore (Denzel Washington), migliore fotografia (Bruno Delbonnel) e migliore scenografia (Stefan Dechant e Nancy Haigh). Conoscendo le logiche hollywoodiane è probabile che non vinca nessuna statuetta per il suo essere un'opera troppo di nicchia e decisamente per "palati fini", ma questo "piccolo" grande film è l'ennesima riconferma che il cinema di alta qualità non ha bisogno di budget faraonici o di effetti speciali strabilianti, ma di valide idee, di puro talento e di un solida idea artistica di fondo da tradurre coerentemente in visione, immersione sensoriale, esperienza emotiva, stimolo intellettuale, racconto per immagini. Tutto il resto è solo oro per gli sciocchi.

Voto:
voto: 4,5/5

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