lunedì 31 ottobre 2011

Orizzonti di Gloria (Paths of Glory, 1957) di Stanley Kubrick

Durante la “Grande Guerra” sul fronte franco-prussiano, un generale arrivista e senza scrupoli decide di lanciare i suoi uomini in un attacco scriteriato e senza speranza contro una postazione nemica, per le proprie mire di carriera. Di fronte all’inevitabile insuccesso, per scaricarsi dalle colpe dell’avventata decisione, accusa i propri soldati di codardia e ammutinamento e propone per alcuni di essi la Corte Marziale e la fucilazione. Un colonnello coraggioso ed integerrimo vi si opporrà con tutte le forze in suo possesso. “Orizzonti di Gloria” (“Paths of Glory”) è il quarto film di Stanley Kubrick (senza contare i documentari) ed il suo primo autentico capolavoro. Non è semplicemente un film contro la guerra ed i suoi orrori in senso astratto, ma una feroce e coraggiosa critica anti-militarista. Un autentico attacco senza mezzi termini contro il potere e la spietata logica della ragion di stato. Le accuse così forti e dirette contro il sistema militare (in questo caso francese, ma ovviamente è solo un pretesto) causarono enormi polemiche all’uscita del film, che fu bandito e censurato in Francia fino al 1974. Il Kubrick pensiero in merito alla spietatezza del potere ed alla sua logica avidamente amorale, traspare, altrettanto chiaramente, anche in molti altri suoi successivi lavori, come “Il Dottor Stranamore”, “Arancia Meccanica” o “Full Metal Jacket”. Ma mai come in questo film verrà rappresentato in maniera così tragica, efferata ed insensata, in evidente e provocatorio contrasto con la gloria citata nel titolo. Sostenuto da una splendida fotografia in bianco e nero, perfetta per rappresentare il periodo storico nonché le tragiche vicende narrate, da una sceneggiatura solida e senza fronzoli e da una regia asciutta e tecnicamente rigorosa, il film ha un impatto dirompente sia dal punto di vista visivo che dei contenuti. Riesce infatti perfettamente nell’obiettivo di suscitare sentimenti ed emozioni contrastanti nello spettatore: spettacolare e disperato l’attacco suicida delle forze francesi al “formicaio” tedesco, che mostra atti di estremo coraggio ed eroismo, ma non tralascia di raccontare anche sentimenti tipicamente umani come paura, smarrimento, senso di inadeguatezza di fronte ad una così tragica situazione. Bellissima la sequenza del coriaceo ed umano colonnello Dax (ottimamente interpretato dalla star Kirk Douglas), che avanza, con piglio deciso, tra i suoi uomini all’interno delle trincee e questi sembrano quasi “aprirsi” davanti a lui. Scena poi ripresa molti anni dopo, come chiaro omaggio a Kubrick, da Ridley Scott nel suo “Il gladiatore”. Si passa poi a sentimenti di rabbia e disgusto in tutta la parte del processo e della sua preparazione, di fronte ai loschi e perversi giochi di potere del generale Mireau (anche qui una grande interpretazione di George Macready), per cui i suoi soldati sono solo delle pedine per arrivare ai propri scopi personali. Addirittura straziante la parte dell’esecuzione (memorabile un primo piano di Kirk Douglas in quella sequenza, che vale più di mille parole), senza però mai scadere nel patetico. Tutto viene invece girato con un tono freddo, quasi documentaristico, aumentandone notevolmente il patos e la tragicità. Ancora una volta sconcertante il dialogo finale tra il colonnello Dax ed il generale Broulard (altro machiavellico burocrate, sebbene in modo più viscido e sottile rispetto a Mireau), con il fraintendimento sulle reali motivazioni del colonnello da parte del suo superiore. E’ proprio in questa parte del film, secondo me, che Kubrick calca ulteriormente la mano con la critica anti-militarista, facendo ben capire che il malcostume non fosse affatto un vizio di pochi bensì una consuetudine di molti. Si giunge così all’ultima sequenza, da antologia, dove Kubrick allenta un po’ la morsa e fa prendere finalmente fiato a noi spettatori ed ai poveri derelitti soldati francesi, figli orfani di un sistema corrotto e spietato che li spinge in una follia ancora più grande come la guerra. La scena della timida e impacciata ragazza tedesca (unica donna che compare nel film), che in uno squallido bar intona una canzone nella propria lingua, “aprendo” i cuori dei soldati verso antiche e mai sopite emozioni è una delle più poetiche ed emozionanti immagini che mai si siano viste sul grande schermo. Solo lo stoico colonnello Dax, pur non restando impassibile, sembra voler rimanere in disparte nel suo alto ruolo, ma decide di concedere ai suoi uomini ancora un po’ di tempo e di respiro, per emozionarsi davanti a una canzone e a quella dolce, tenue voce che si staglia contro il rombo della guerra. Un capolavoro assoluto, un MUST imperdibile consigliato a tutti.

Voto:
voto: 5+/5

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