Algido noir scritto da Cormac McCarthy e diretto da Ridley Scott, tutto costruito sui contrasti: dalla solarità delle ambientazioni (quel "mexican border" dominato dai cartelli del narcotraffico) alla glaciale architettura degli ambienti interni, dall'opulenza americana alla povertà messicana, dall'aspetto "giusto" e cool dei personaggi principali al degrado morale che li contraddistingue, sotto l'egida dell'avidità. Come sempre in McCarthy il mondo appare in balia della violenza e le situazioni estreme servono a mettere alla prova i protagonisti ponendoli di fronte a tragiche scelte in cui si rivelerà la loro debolezza, in accordo al radicale pessimismo dell'autore di No country for old men. Ma i problemi di questo film risiedono nell'impianto eccessivamente verboso e nella costante esasperazione di dialoghi e situazioni alla ricerca della frase o della scena ad effetto, fino a scadere in un artificioso parossismo. Il cast stellare sembra un po' sprecato tra le luci e le ombre del film: sotto tono Fassbender, forse a causa del personaggio che è, di fatto, un idiota, macchiettistico Bardem, decorativa la Cruz, posticcio Brad Pitt, di cui ci si ricorderà solo per la scena finale, sopra la (sua) media la Diaz nel ruolo, centrale, della dark lady: creatura sensuale e luciferina che muove tutto a proprio piacimento. Le cose migliori risiedono in ciò che non si vede: il "cartello", forza malefica invisibile ma onnipresente, pronta a colpirti quando meno te lo aspetti proprio come il fato ineffabile a cui non si può sfuggire ed anche un dvd che non ha bisogno di essere mostrato perchè va troppo al di là di ciò che l'umana pietas può tollerare. In un generale senso di incompiuto o di sprecato la tragica escalation finale ha la forza di un maglio che ci lascia senza fiato, come un cappio di metallo che si stringe, inesorabile, intorno alla gola. Ridley Scott ha perso, ormai da tempo, la giusta ispirazione. Un vero peccato.
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