venerdì 21 marzo 2014

I giorni del cielo (Days of Heaven, 1978) di Terrence Malick

Agli inizi del '900, Bill, manovale di Chicago, fugge verso i campi del Midwest, dopo avere ucciso accidentalmente un uomo in una lite, e porta con se Abby, la sua donna, e la piccola sorella di lei. Trovano lavoro nella fattoria del latifondista Chuck, ricco e malato, che s'invaghisce dell'avvenenza di Abby. Bill la convince a cedere alla sua corte ed a sposarlo, per garantire condizioni di vita dignitose a tutti e tre, ma, ben presto, la sua gelosia diventerà insostenibile e scoppierà la tragedia. Capolavoro di Malick che trasforma una squallida storia di disperati reietti in una saga rurale di stupefacente impaginazione estetica e dal potente respiro epico. L'incanto delle immagini è assoluto, per molti (me compreso) la fotografia di questo film, curata da Nestor Almendros, è la più bella mai vista sul grande schermo ed il connubio con la raffinata colonna sonora di un ispiratissimo Ennio Morricone regala momenti di assoluta poesia, tra i più alti nel cinema del Maestro texano. Rappresentato come una sontuosa opera pittorica di superiore espressività artistica, è un melodramma introspettivo sospeso tra opportunismo e ribellione, cinismo e feudalesimo. Ma la sua componente più intima ha a che fare con la rottura: lo strappo tra ordine sociale ed ordine naturale, già visto, a livello seminale, nel precedente Badlands. Malick è un poeta delle immagini, in cui la sospensione simbolica viaggia insieme all'incanto visivo, e quando questo si traduce in concreta densità espressiva abbiamo il capolavoro, come in questo caso. E' il suo film migliore dopo The thin red line.

Voto:
voto: 5/5

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