sabato 7 giugno 2014

Crash (Crash, 1996) di David Cronenberg

Ossessionati dagli incidenti automobilistici, dal connubio sesso e morte e dal rischio letale come amplificatore del piacere erotico, un produttore cinematografico, sua moglie e la sua amante (che ha perso il marito in un sinistro stradale) si fanno ammaliare da un esperto in materia: il carismatico Vaughan, abile a ricostruire famosi incidenti. Gli allievi supereranno il maestro. Ennesima declinazione, in forma perversa e disturbante, del mito di Eros e Thanatos. Ispirata al romanzo omonimo di James Graham Ballard, quest'opera estrema, controversa già per concezione, potente e agghiacciante, conturbante e terribile, costituisce il punto di non ritorno della poetica di Cronenberg sull'esplorazione della mente umana e sulla mutazione della carne. Mutazione che qui assume, simbolicamente, la forma "metallica" della carrozzeria di un automobile, dilaniata da un incidente, una sorta di prolungamento meccanico del proprio io disturbato alla ricerca disperata del piacere. Si può odiare questo film ma non se ne può negare l'alta valenza simbolica, il fascino oscuro e la capacità di indagare con feroce lucidità mondi sotterranei che la gente "normale" sceglie di non vedere. Premiato al Festival di Cannes con il Premio della giuria, è un memorabile trattato di polimorfismo sessuale psicopatologico, un'atroce fiera di depravazioni feticistiche che spingono la poetica cronenberghiana della contaminazione ai limiti del parossismo. E', a suo modo, un punto di non ritorno e un corto circuito concettuale che lascia atterriti ma affascina. E, proprio per questo, lascia ancora più atterriti. Nel suo delirio masochista di morte e perversione è una delle opere di maggiore impatto degli anni '90. O si sale a bordo o si scende, nessun compromesso è possibile.

Voto:
voto: 4,5/5

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