Un
pugile in declino accorre in aiuto della bella vicina di casa, insidiata dal
suo datore di lavoro, gestore del locale notturno in cui lei presta servizio
come ballerina. Tra i due nasce l’amore ma il losco terzo incomodo non si dà
per vinto: fa rapire la donna e accusa il boxeur di un delitto da lui stesso
ordinato. Il secondo film di Stanley Kubrick è un noir teso e allucinato,
realizzato con un piccolo budget in meno di un mese ma diretto con un feroce
talento visivo, che omaggia chiaramente l’espressionismo tedesco e che già
contiene i semi del genio che verrà. Pur nell’estrema semplicità di una vicenda
lineare (di cui lo stesso regista ha firmato soggetto e sceneggiatura, oltre
che fotografia e montaggio) il talento kubrickiano si può evincere chiaramente
nelle suggestive sperimentazioni fotografiche negli esterni notturni o nello
straordinario finale nel deposito di manichini. E’ un’opera ancora acerba che
risente della scarsezza di mezzi, ma la classe del giovane autore non sfuggì
agli addetti ai lavori e la critica ne lodò all’unisono la grande perizia
tecnica e l’estro inventivo. Il protagonista è Frank Silvera, lo stesso del
mediocre Paura e desiderio (1953),
primo lungometraggio di Kubrick.
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