mercoledì 2 dicembre 2015

Il racconto dei racconti - Tale of Tales (Il racconto dei racconti, 2015) di Matteo Garrone

Tre storie ambientate in un barocco fantastico: una triste regina, ossessionata dall’idea della maternità, sarà costretta a mangiare il cuore di un drago marino per dare alla luce il proprio erede, ma il figlio tanto atteso non seguirà il percorso che la madre aveva immaginato per lui. Due sorelle, vecchie e laide, grazie ad un espediente riusciranno a catturare l’attenzione di un giovane re, erotomane lussurioso, che viene attratto dalla bella voce di una delle due. Un sovrano, che alleva in segreto una pulce gigante, organizza un torneo per trovare un degno marito alla sua bella figlia, ma il vincitore non sarà quello sperato. Ispirandosi alla più antica raccolta europea di fiabe, “Lo cunto de li cunti” (1636) di Giambattista Basile, in particolar modo a tre di esse, Garrone ha tratto un film potente, visionario, evocativo, una favola gotica, oscura e crudele, pervasa da forti pulsioni, che mescola abilmente l’orrido e il meraviglioso, il sublime e il grottesco, in un ardito caleidoscopio di pittorica fascinazione, assolutamente inedito per il cinema italiano moderno. Come sempre l’autore romano, pur esplorando territori inusuali come quello del “fantasy”, continua a parlarci dei temi cardine del suo cinema, ovvero vizi, passioni e debolezze umane, qui fortemente distorte sotto la lente fiabesca e, quindi, cosparse di un’aurea solenne, mitologica, emblematica. Pescando a piene mani dal materiale originale delle fiabe dialettali di Basile, Garrone lo ha coraggiosamente adattato, piegandolo, ai suoi stilemi ed alla sua libertà artistica, attuando un’ardita commistione estetica tra svariate influenze: dal cinema di genere italiano all’horror gotico, con spruzzi di commedia amara e di cinismo grottesco rielaborato in chiave fantastica, passando per quell’approccio “artigianale” che, fortunatamente, lo allontana dagli stereotipi del moderno fantasy hollywoodiano, e guarda dritto a quell’eroico cinema nostrano di geniali pionieri come Mario Bava. Dal punto di vista tecnico siamo di fronte ad un lavoro straordinario: la splendida fotografia “pittorica” di Peter Suschitzky e le musiche avvolgenti del premio Oscar Alexandre Desplat, intese ad esaltare la bellezza delle immagini, in cui spiccano i magnifici scenari naturali e storici del “belpaese”, da Castel del Monte al Castello di Roccascalegna, dalle gole dell'Alcantara ai “cavoni” della necropoli di Sovana. Nonostante la veste fantastica dal sapore mitologico, il film ci parla di temi sempre attuali, e quindi “moderni”, ergendosi a cupa riflessione sulla natura umana, di cui affronta gli aspetti più intensi ed abbietti, come la lussuria, la cupidigia, l’ego, con un risalto particolare per l’amore. L’amore del film di Garrone, presente in forme diverse nei tre episodi, che danno tutti risalto particolare alla figura femminile, è però un amore distorto, estremo, “malato”, un amore metaforicamente tossico che condurrà, inevitabilmente, a tragiche conseguenze. Nel cast internazionale spiccano Toby Jones e Vincent Cassel, mentre la messicana Salma Hayek non appare del tutto a suo agio nel ruolo fortemente ambiguo della dispotica regina, disposta a tutto per avere un figlio. E questo è, indubbiamente, uno dei punti deboli della pellicola, insieme ad alcuni effetti speciali relativi alle creature fantastiche non perfettamente riusciti. Garrone conferma il suo talento e la sua forte personalità artistica, rinnovando il nostro cinema contemporaneo e mantenendo i piedi ben saldi in quella gloriosa tradizione “di genere”, troppo rapidamente dimenticata.

Voto:
voto: 4/5

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