Issa Karpov, immigrato
clandestino ceceno sfuggito alla persecuzione dei russi che ha abbracciato la
fede musulmana, giunge ad Amburgo per rintracciare un losco banchiere, Brue,
legato a suo padre, truce criminale di guerra, da un oscuro passato. Aiutato
dalla coraggiosa avvocatessa Annabel Richter e braccato dai servizi segreti
guidati dal coriaceo Günther Bachmann, che lo sospettano di terrorismo, il
giovane Issa finisce in un complesso meccanismo di spionaggio internazionale,
il cui vero scopo finale è quello di incastrare l’apparentemente impeccabile
filantropo Faisal Abdullah, che Bachmann suppone essere un importante
finanziatore della Jihad islamica. Dal romanzo “Yssa il buono” di John le Carré,
Corbijn ha tratto uno spy movie cupo, teso, asciutto, pregno del medesimo
cinico disincanto del personaggio principale, lo “sgualcito” e tenace Bachmann,
egregiamente interpretato dal compianto Philip Seymour Hoffman, che qui ci
regala la sua ultima intensa prova d’attore (senza tener conto degli ultimi
capitoli della saga degli “Hunger Games”, che sono stati girati prima). E già
solo per questo il film merita la visione e vale, come si suol dire, il prezzo
del biglietto. Lontano dagli stereotipi delle spy story hollywoodiane,
dall’azione frenetica e dal glamour patinato delle pellicole di James Bond,
questo film di Corbijn è un dramma introspettivo dai freddi toni autunnali, che
sostituisce il dinamismo con un brillante “tappeto” intellettuale, fatto di
indagini pazienti, incastri sottili e dialoghi secchi e taglienti, che donano
risalto ad un cast notevole, in cui, oltre al grande Seymour Hoffman, spiccano
attori collaudati come Willem Dafoe, Rachel McAdams, Robin Wright, e l’efficace
Grigoriy Dobrygin nel ruolo di Issa. Fedele alla poetica di le Carré, la
pellicola si muove, riflessiva, intricata e malinconica, nel cupo ed
attualissimo scenario di un’Europa cinica, spaventata dall’incombente minaccia
del terrorismo islamico, senza risparmiare caustici graffi all’ingombrante
ingerenza dei servizi americani ed a quei loschi giochi politici che, in nome
della “sicurezza nazionale”, avvengono nell’ombra dei grandi palazzi del potere,
calpestando ogni forma di lealtà con la spudorata certezza dell’impunità. In
questo mondo privo di eroi e di illusioni, i personaggi principali si muovono
tutti come figure ambigue, dimesse e disilluse, profondamente sole, nel
disperato tentativo di incidere con le proprie azioni su una realtà ben più
grande e complessa di loro. Il risultato finale è un affresco mesto e sincero,
un film acuto ed incisivo, sicuramente ben al di sopra della media dei suoi
simili.
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