mercoledì 2 dicembre 2015

Passion (Passion, 2012) di Brian De Palma

Christine è una donna manager potente, ambiziosa e affascinante. Isabelle, fragile, volitiva e ricca di talento, è una sua dipendente. Tra le due donne si instaura un torbido gioco di manipolazione, seduzione, umiliazione e desiderio sessuale, che giunge al culmine quando Christine ruba una brillante idea lavorativa di Isabelle per fare un balzo in avanti nella propria carriera, provocando la reazione di quest’ultima che finisce a letto con uno dei suoi amanti. Quando la perfida Christine viene orribilmente assassinata, tutti i sospetti ricadono su Isabelle, che però ha un alibi di ferro. Thriller algido e patinato targato De Palma, che ritorna ai temi hitchcockiani a lui cari (come quello, evidentissimo, del doppio) ed alle proprie ossessioni personali, leggi marchi di fabbrica stilistici, ma con un risultato ben più fiacco e rigido rispetto alle sue opere migliori. Il geniale regista del New Jersey, capace negli anni ’80 di rivisitare Hitchcock, attualizzandolo con un rinnovato furore visionario e con suggestioni psicologiche di conturbante malia oscura, ritorna dopo dieci anni allo psico-thriller con questo film carico di manierismi ma povero di guizzi, stancamente derivativo rispetto ai ben più nobili predecessori. Dopo una prima parte piatta e prevedibile, la pellicola si risolleva, in parte, nella seconda, onirica e ambigua, grazie allo spostamento progressivo verso il punto di vista, obliquo e distorto, di Isabelle. Si passa quindi dal piano “reale” a quello soggettivo, introspettivo, psicologico, con l’immancabile volontà “voyeuristica” di giocare con lo spettatore, mettendo in discussione soggetto ed oggetto della visione e, quindi, il livello stesso di percezione. Ma siamo ben lontani dai vertici esaltanti del cinema di De Palma e la “passione” invocata dal titolo è solo un miraggio in un’opera “frigida”, del tutto priva di lampi sensuali. La sola scena degna di nota, in cui si rivede chiaramente il talento visivo del suo autore, è l’omicidio di Christine, sovrapposto in split screen all’opera teatrale a cui assiste Isabelle, per quanto queste tecniche siano tutt’altro che nuove per i fans del regista. Più che un film sbagliato è un film inutile, anemico, una copia sbiadita di cose già dette, assai meglio, in passato.

Voto:
voto: 3/5

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