lunedì 4 gennaio 2016

Non essere cattivo (Non essere cattivo, 2015) di Claudio Caligari

Cesare e Vittorio sono amici per la pelle, due reietti cresciuti in strada nella difficile realtà delle periferie romane, che fin dall’infanzia condividono tutto: droga, risse, bevute, eccessi, furti, tra la violenza e il degrado di un’esistenza sordida, perennemente ai margini della società civile. Un giorno Vittorio incontra Linda e cerca di tirarsi fuori dal fango, trovando un lavoro onesto per costruirsi un futuro diverso. Il più problematico Cesare cerca inizialmente di seguirlo nel suo percorso di “redenzione”, ma ben presto ricade negli errori di un tempo, cedendo al richiamo della strada e sprofondando sempre più tra delinquenza e dannazione. Il compianto Claudio Caligari, prematuramente scomparso lo scorso anno, è un regista probabilmente sconosciuto ai più ma diventato rapidamente di culto in certi percorsi “underground” grazie a due soli film: Amore Tossico del 1983, scioccante opera prima che ritrae dal di dentro il mondo della droga con l’utilizzo di “attori” di strada, non professionisti e realmente tossicodipendenti, e L’odore della notte del 1998, rude poliziesco all’italiana arrivato fuori tempo massimo ma diretto sapientemente. Questa sua terza ed ultima opera (il regista è morto poco dopo la fine delle riprese) chiude idealmente il cerchio del discorso sul violento degrado delle periferie romane, in particolare di quella Ostia tanto cara all’autore, ed è stata scelta come rappresentante italiano agli Oscar 2016, venendo poi purtroppo scartata dalla cinquina finale destinata a giocarsi l’ambito premio al miglior film straniero. Con le solite enormi difficoltà produttive dovute alla scarsezza di fondi, imputabili anche all’esigua visibilità dell’autore, tipicamente di nicchia e da sempre avulso al panorama mainstream, il film è stato completato e distribuito in sala grazie al supporto di attori volenterosi come Valerio Mastandrea, legato a Caligari da sincera amicizia. Il risultato è un’opera potente, aspra e tesa, tetra e dolente, fieramente “naturalistica” nella sincera messa a nudo di quel mondo di coatti sbandati che l’autore conosce perfettamente. Senza enfasi, indulgenze o assoluzioni, il regista piemontese tira le fila di tutto il suo cinema con questa pellicola emblematica e di grande spessore, che chiude definitivamente con il mondo barbaro e puro degli ex “ragazzi di vita” di Pasolini, adattandoli alle logiche edonistiche degli anni ’90, con le droghe sintetiche al posto dell’eroina ed i miraggi del “benessere” materialistico che facilmente ammaliano il sottoproletariato: vita pericolosa, macchine veloci, donne facili e locali notturni. Diretto con mano sapiente, crudamente realistico ed ottimamente recitato dai due straordinari protagonisti (Luca Marinelli e Alessandro Borghi), questo noir di periferia è un lucido atto di denuncia sui mali che affliggono i sobborghi delle grandi metropoli italiane, un altro capitolo eccellente nella gloriosa storia del nostro cinema di impegno sociale e civile.

Voto:
voto: 4/5

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