Cesare e Vittorio sono
amici per la pelle, due reietti cresciuti in strada nella difficile realtà
delle periferie romane, che fin dall’infanzia condividono tutto: droga, risse,
bevute, eccessi, furti, tra la violenza e il degrado di un’esistenza sordida,
perennemente ai margini della società civile. Un giorno Vittorio incontra Linda
e cerca di tirarsi fuori dal fango, trovando un lavoro onesto per costruirsi un
futuro diverso. Il più problematico Cesare cerca inizialmente di seguirlo nel
suo percorso di “redenzione”, ma ben presto ricade negli errori di un tempo,
cedendo al richiamo della strada e sprofondando sempre più tra delinquenza e
dannazione. Il compianto Claudio Caligari, prematuramente scomparso lo scorso
anno, è un regista probabilmente sconosciuto ai più ma diventato rapidamente di
culto in certi percorsi “underground” grazie a due soli film: Amore Tossico del 1983, scioccante opera
prima che ritrae dal di dentro il mondo della droga con l’utilizzo di “attori”
di strada, non professionisti e realmente tossicodipendenti, e L’odore della notte del 1998, rude poliziesco
all’italiana arrivato fuori tempo massimo ma diretto sapientemente. Questa sua
terza ed ultima opera (il regista è morto poco dopo la fine delle riprese)
chiude idealmente il cerchio del discorso sul violento degrado delle periferie
romane, in particolare di quella Ostia tanto cara all’autore, ed è stata scelta
come rappresentante italiano agli Oscar 2016, venendo poi purtroppo scartata
dalla cinquina finale destinata a giocarsi l’ambito premio al miglior film
straniero. Con le solite enormi difficoltà produttive dovute alla scarsezza di
fondi, imputabili anche all’esigua visibilità dell’autore, tipicamente di
nicchia e da sempre avulso al panorama mainstream,
il film è stato completato e distribuito in sala grazie al supporto di attori volenterosi
come Valerio Mastandrea, legato a Caligari da sincera amicizia. Il risultato è
un’opera potente, aspra e tesa, tetra e dolente, fieramente “naturalistica”
nella sincera messa a nudo di quel mondo di coatti sbandati che l’autore
conosce perfettamente. Senza enfasi, indulgenze o assoluzioni, il regista
piemontese tira le fila di tutto il suo cinema con questa pellicola emblematica
e di grande spessore, che chiude definitivamente con il mondo barbaro e puro degli
ex “ragazzi di vita” di Pasolini, adattandoli alle logiche edonistiche degli
anni ’90, con le droghe sintetiche al posto dell’eroina ed i miraggi del “benessere”
materialistico che facilmente ammaliano il sottoproletariato: vita pericolosa, macchine
veloci, donne facili e locali notturni. Diretto con mano sapiente, crudamente realistico
ed ottimamente recitato dai due straordinari protagonisti (Luca Marinelli e
Alessandro Borghi), questo noir di periferia è un lucido atto di denuncia sui
mali che affliggono i sobborghi delle grandi metropoli italiane, un altro
capitolo eccellente nella gloriosa storia del nostro cinema di impegno sociale
e civile.
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