Otello, generale della
Repubblica di Venezia, detto il moro, sconfigge i turchi a Cipro ma suscita le
invidie del perfido Jago, un suo luogotenente che non tollera la predilezione
di Otello per il giovane valoroso capitano Cassio. Il diabolico Jago, facendo
leva sulla nota gelosia del moro, gli insinua il dubbio che la sua giovane e
bella moglie, Desdemona, lo tradisca con Cassio. Con un subdolo artificio (il
celebre fazzoletto) Jago costruisce la “prova” del tradimento e Otello, pazzo
di gelosia, uccide Cassio e la moglie, per poi togliersi la vita dopo aver
scoperto l’inganno ordito dal traditore. Dalla famosa tragedia di William
Shakespeare il genio Welles ha tratto un film possente e grandioso,
magniloquente nella messa in scena, visivamente barocco, con una carica
passionale così enfaticamente violenta che lo rese di difficile comprensione
per la critica convenzionale dell’epoca. Fu il primo film girato dall’autore
fuori dagli Stati Uniti, tra l’Italia e il Marocco, ed ebbe una travagliata
vicenda produttiva, per mancanza di fondi, che allungò i tempi di lavorazione a
ben tre anni. Fu solo grazie ai proventi guadagnati come attore, in particolare
a quelli ottenuti con il capolavoro Il
terzo uomo di Carol Reed, che Welles riuscì a completare il film, sforando
di molto rispetto ai tempi previsti. La traduzione in immagini del capolavoro
shakespeariano è di alto rigore formale e di furiosa resa espressiva, con un
bianco e nero altamente contrastato che rimanda al cinema di Ejzenštejn ed un
taglio espressionistico giocato su vigorose antitesi tra luci e ombre, pieni e
vuoti, che suggeriscono quelle, simboliche, tra vita e morte, su cui si basa la
tragica vicenda. L’uso opulento delle scenografie e l’imponenza degli spazi
scenici, in alcuni casi utilizzata come autentico protagonista aggiunto delle
sequenze, evita del tutto il “rischio” della teatralità in favore di un solenne
tripudio di cinematografica visionarietà. Con la scelta di frammentare e
destrutturare il testo originario del bardo inglese, l’autore adotta un
montaggio serrato per una resa narrativa agile e scattante, beffardamente
sottolineata (in accordo all’antinomia tipicamente wellesiana tra vero e falso)
nei vertiginosi passaggi da un set all’altro, in barba alle distanze
geografiche, nell’arco di una stessa scena. Nel ricco cast, oltre al solito Welles
nei panni di Otello, spicca il bravissimo Micheal MacLiammoir, da molti
definito come il più grande Jago della storia del cinema. Tra le tante scene
memorabili della pellicola è impossibile non menzionare quella di apertura,
magnifica e terribile, con la grandiosa processione che celebra la vittoria del
moro contro il nemico turco in difesa della roccaforte di Cipro. E’ uno dei
migliori adattamenti di Shakespeare che siano mai stati realizzati, premiato,
non senza contestazioni, con la Palma d’Oro al Festival di Cannes.
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