venerdì 8 gennaio 2016

Otello (The Tragedy of Othello: The Moor of Venice, 1952) di Orson Welles

Otello, generale della Repubblica di Venezia, detto il moro, sconfigge i turchi a Cipro ma suscita le invidie del perfido Jago, un suo luogotenente che non tollera la predilezione di Otello per il giovane valoroso capitano Cassio. Il diabolico Jago, facendo leva sulla nota gelosia del moro, gli insinua il dubbio che la sua giovane e bella moglie, Desdemona, lo tradisca con Cassio. Con un subdolo artificio (il celebre fazzoletto) Jago costruisce la “prova” del tradimento e Otello, pazzo di gelosia, uccide Cassio e la moglie, per poi togliersi la vita dopo aver scoperto l’inganno ordito dal traditore. Dalla famosa tragedia di William Shakespeare il genio Welles ha tratto un film possente e grandioso, magniloquente nella messa in scena, visivamente barocco, con una carica passionale così enfaticamente violenta che lo rese di difficile comprensione per la critica convenzionale dell’epoca. Fu il primo film girato dall’autore fuori dagli Stati Uniti, tra l’Italia e il Marocco, ed ebbe una travagliata vicenda produttiva, per mancanza di fondi, che allungò i tempi di lavorazione a ben tre anni. Fu solo grazie ai proventi guadagnati come attore, in particolare a quelli ottenuti con il capolavoro Il terzo uomo di Carol Reed, che Welles riuscì a completare il film, sforando di molto rispetto ai tempi previsti. La traduzione in immagini del capolavoro shakespeariano è di alto rigore formale e di furiosa resa espressiva, con un bianco e nero altamente contrastato che rimanda al cinema di Ejzenštejn ed un taglio espressionistico giocato su vigorose antitesi tra luci e ombre, pieni e vuoti, che suggeriscono quelle, simboliche, tra vita e morte, su cui si basa la tragica vicenda. L’uso opulento delle scenografie e l’imponenza degli spazi scenici, in alcuni casi utilizzata come autentico protagonista aggiunto delle sequenze, evita del tutto il “rischio” della teatralità in favore di un solenne tripudio di cinematografica visionarietà. Con la scelta di frammentare e destrutturare il testo originario del bardo inglese, l’autore adotta un montaggio serrato per una resa narrativa agile e scattante, beffardamente sottolineata (in accordo all’antinomia tipicamente wellesiana tra vero e falso) nei vertiginosi passaggi da un set all’altro, in barba alle distanze geografiche, nell’arco di una stessa scena. Nel ricco cast, oltre al solito Welles nei panni di Otello, spicca il bravissimo Micheal MacLiammoir, da molti definito come il più grande Jago della storia del cinema. Tra le tante scene memorabili della pellicola è impossibile non menzionare quella di apertura, magnifica e terribile, con la grandiosa processione che celebra la vittoria del moro contro il nemico turco in difesa della roccaforte di Cipro. E’ uno dei migliori adattamenti di Shakespeare che siano mai stati realizzati, premiato, non senza contestazioni, con la Palma d’Oro al Festival di Cannes.

Voto:
voto: 5/5

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