domenica 10 gennaio 2016

Sicario (Sicario, 2015) di Denis Villeneuve

Kate Macer è una giovane agente dell’FBI, promettente e idealista, che viene arruolata in una task force segreta, guidata dalla CIA, con la missione di sgominare il sanguinario cartello di Juarez, responsabile del narcotraffico nell’area di confine tra Messico e Stati Uniti. A capo della squadra ci sono due ambigui personaggi: il risoluto Matt Graver e l’enigmatico Alejandro, un ispanico dai metodi violenti. I terribili eventi a cui assisterà cambieranno per sempre le convinzioni della donna su tutto ciò in cui credeva. Energico noir di frontiera, intenso, aspro e brutale, diretto con piglio sicuro dall’abile regista canadese Denis Villeneuve, che si dimostra a suo agio sia nelle sequenze d’azione sia in quelle che definiscono i rapporti psicologici tra i personaggi, in cui la vulnerabile Kate di Emily Blunt è il vaso di terracotta, che non potrà uscire indenne tra i due vasi di ferro dei ruvidi personaggi interpretati da Josh Brolin e Benicio del Toro. Sicario è un film di confine: quel mexican border, infernale terra di nessuno, in cui si consumano quotidiani orrori indicibili da parte degli spietati cartelli della droga, che, per preservare il proprio impero del male, commettono ogni sorta di atrocità. Ma anche il confine, morale, tra bene e male, quella linea sottile che regola le azioni umane e che sarà messo fortemente in discussione, sancendone l’inevitabile relativismo, agli occhi, sconvolti, della protagonista e anche dello spettatore. Eccellente, in tal senso, la metafora del tunnel, quello segreto usato dai narcos per trasportare la droga tra Messico e Stati Uniti, in cui si entra, per poi uscirne completamente trasformati. Ed è proprio questo il senso intimo del film: dimostrare quanto i concetti di bene e male, buoni e cattivi siano assolutamente aleatori, con caustici graffi all’invadente ruolo di arbitro, presunto garante di giustizia, tenuto dagli USA in politica estera. Crudo e non sempre plausibile, Sicario è uno spettacolare film d’azione violenta, con dei personaggi ambiguamente affascinanti (in particolare Benicio del Toro che spicca su tutti gli altri per la sua notevole interpretazione) ed uno stile visivo di feroce dinamismo, meticoloso e ricercato nella cura delle immagini, che guarda dritto, per resa espressiva e vigore formale, al cinema di Michael Mann e di Kathryn Bigelow. Villeneuve sceglie una fotografia abbacinante e delle sonorità martellanti per rappresentare questa barbara  “terra di lupi”, in cui le leggi sono bandite e ogni nefandezza è consentita, regalandoci più di una scena da manuale dal punto di vista del patos e dell’etica dello sguardo. E’ un’opera ampiamente sopra la media, che cerca di ridurre la distanza tra il cinema di genere e quello d’autore, e che conferma, e rilancia prepotentemente, il suo autore come nuova promessa dell’action di qualità (non a caso alcune voci già lo accostano allo storico franchise di James Bond).

Voto:
voto: 4/5

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