giovedì 18 maggio 2017

E la nave va (E la nave va, 1983) di Federico Fellini

Nel luglio del 1914 il piroscafo “Gloria N.” salpa dal porto di Napoli con a bordo le ceneri di una celebre cantante lirica, Edmea Tetua detta la “divina”. Lo scopo del viaggio è assecondare le ultime volontà del grande soprano, ovvero che i suoi resti mortali vengano dispersi nelle acque del Mar Egeo, nei pressi dell’isola di Erimo. I passeggeri sono nobili decaduti, celebrità di ogni tipo, amici e parenti di Edmea, un rinoceronte che sembra ammalato di malinconia e un giornalista, Orlando, che descrive gli eventi del viaggio e il singolare campionario di umanità a bordo con un’ironia impietosa. Durante la navigazione la Storia irrompe feroce nel mondo ovattato dei nobili passeggeri: scoppia la Prima Guerra mondiale, la nave deve inizialmente soccorrere dei naufraghi serbi, ma verrà poi affondata da una corazzata austriaca. Però qualcuno sopravvive alla tragedia. Affascinante e originale viaggio felliniano in un etereo mondo di fantasmi, figure patetiche e decadenti di un’età ormai in disfacimento alle soglie di un cambiamento epocale. Un mondo dove tutto è dichiaratamente falso (come al solito l’autore ha ricostruito tutto in studio, dal mare alla nave), ma dove, pur nell’evidente finzione, c’è tanto di vero, a cominciare dal sottile umorismo malinconico che, accompagnando dolcemente i personaggi verso il loro inevitabile destino, suggella il tramonto di un’epoca. Viene generalmente ritenuta una delle opere più atipiche e sconcertanti del regista riminese, una bizzarra incursione in un’epoca storica precisa da lui mai visitata precedentemente: quella immediatamente antecedente alla prima guerra mondiale. E’ evidente che questa collocazione temporale ha collegamenti metaforici con la situazione storica dell’Europa degli anni ‘80, vista sull’orlo di un baratro bellico e della fine di un’epoca. Tuttavia il significato politico del film, che non è l’interesse primario di Fellini, viene disperso tra manierismi d’autore, simbologie fumose, atmosfere funeree, stravaganze surreali e gusto della deformazione satirica. L’ardito melange di elementi suggestivi ed eterogenei destò nella critica più perplessità che entusiasmo, eppure il film è un piccolo capolavoro di rara bellezza ipnotica, visivamente sontuoso, con immagini di potente fascino evocativo e inserti visionari di puro genio poetico. Fellini non ha perso il suo tocco magico e lo dimostra a profusione in quest’opera magica, onirica e simbolica, densa di sequenze memorabili che hanno segnato l’immaginario cinematografico, come quella, straniante e possente, del rinoceronte sulla scialuppa. E’ una pellicola che andrebbe assolutamente riscoperta, rivalutata e addirittura studiata per capire appieno le evoluzioni della tecnica cinematografica del tempo. A questo film è stato ispirato il monumento scultoreo di Arnaldo Pomodoro (intitolato “Le vele”), posto sulla tomba del cimitero di Rimini in cui riposano Federico Fellini, Giulietta Masina e il loro unico figlio, Federichino, morto prematuramente.

Voto:
voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento