mercoledì 24 maggio 2017

Tacchi a spillo (Tacones lejanos, 1991) di Pedro Almodóvar

Becky, grande cantante spagnola che ha fatto fortuna in Messico, torna in Spagna dopo 15 anni per riallacciare i rapporti con sua figlia Rebecca, annunciatrice in un telegiornale sposata con Manuel, il grande amore della vita di Becky, da lei lasciato anni prima per dedicarsi alla carriera musicale. Quando Manuel rivede Becky la vecchia passione ritorna prepotentemente e lui cerca di sedurla adducendo la scusa che il suo matrimonio è ormai all’epilogo. Di lì a poco Manuel viene trovato morto e Rebecca si accusa pubblicamente del delitto durante il telegiornale. Ma il giudice Domínguez, che nasconde una doppia vita segreta, non crede alla confessione della donna, verso cui sembra provare un’ambigua attrazione. Eccentrico melodramma spudorato di Almodóvar, in bilico tra dramma, commedia e giallo, capace di combinare abilmente il tocco ironico con la gravità dei temi. I personaggi sono eccessivi e improbabili nel loro ardito mix di esuberanza e tenerezza, ma l’erotismo strisciante che attraversa l’intero film sa regalare sinceri brividi calienti. Quando l’autore riesce a tenere a freno le sue esagerazioni kitsch, è capace, di solito, di tirar fuori il meglio del suo palpitante estro creativo. In questo caso il film viaggia a fasi alterne, tra momenti alti e cadute di stile, finendo per aggrovigliarsi in una trama via via più complessa, la cui risoluzione finale è un posticcio arzigogolo narrativo da far impallidire i gialli italiani degli anni ’70. Numerose le citazioni colte disseminate qua e là dal regista, da Lowell Rich a Sirk, passando anche per Bergman. Bravi gli attori con Victoria Abril, Marisa Paredes e il trasformista Miguel Bosé sugli scudi. Almeno due le sequenze degne di elogio: Bosè en travesti che canta e balla ancheggiando imitando Mina e la confessione di Rebecca in diretta tv con tanto di traduzione simultanea per sordomuti. Javier Bardem fa una piccola apparizione come regista televisivo.

Voto:
voto: 3/5

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