martedì 16 maggio 2017

Accordi e disaccordi (Sweet and Lowdown, 1999) di Woody Allen

Vita di Emmet Ray, talentuoso e immaginario chitarrista jazz bianco degli anni ’30, perso tra la sua arte ed i suoi tormenti interiori che si esplicano in una lunga serie di debolezze, come il vizio dell’alcool, la passione per le donne e l’incapacità di gestire razionalmente la propria carriera e le proprie finanze. Sregolato e geniale, Ray si ritiene il numero due al mondo dopo il famoso Jean-Baptiste Reinhardt (detto “Django”), da sempre oggetto di venerazione e di invidia da parte del nostro. Dopo tanti fallimenti, brucianti sconfitte e diverse delusioni amorose, Ray trova la forza morale per darsi una regolata, accordare i propri demoni interiori al proprio estro creativo e  scrivere così i suoi pezzi migliori, grazie ai quali diventa una leggenda del jazz, per poi svanire nel nulla senza lasciare traccia. Splendido omaggio di Woody Allen all’epoca d’oro del  suo amato jazz, attraverso questa elegantissima commedia dolce amara che intende tracciare un accorato elogio dei perdenti e di tutti quegli artisti “dimenticati” che hanno contribuito, in modi e forme diverse, a scrivere il grande spartito della storia della musica. Raffinato e struggente, carico di malinconica tenerezza e di preziosa grazia, è uno dei film più intensi, ambigui e sfaccettati dell’autore, passato inopinatamente in sordina a causa della sua totale mancanza di comicità. Formidabile la nostalgica fotografia colorata di Zhao Fei (quello di Lanterne Rosse) e straordinaria interpretazione di Sean Penn nel ruolo del protagonista, ben supportato da un cast in grande spolvero in cui svettano Samantha Morton (bravissima e candidata all’Oscar come miglior attrice non protagonista), Anthony LaPaglia e Uma Thurman. Splendide le musiche d’epoca che ci immergono totalmente nell’atmosfera del tempo e che utilizzano, tra gli altri, brani di Reinhardt (realmente esistito) e di Duke Ellington. Il personaggio di Emmet Ray, inventato per l’occasione dall’autore, è modellato su quello del vero “Django” Reinhardt, che nel film fa da mito e da nemesi per il protagonista. Woody Allen chiude alla grande il vecchio millennio con un film complesso, delicato e affascinante, un autentico gioiello della sua filmografia che va assolutamente recuperato da tutti coloro che l’avessero perso.

Voto:
voto: 4/5

1 commento:

  1. Bellissimo film, aggiungerei una chicca..
    Il grande Sean Penn ha imparato a suonare la chitarra gipsy proprio per questo film. E sembra tutto fuorché un principiante..

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