giovedì 25 maggio 2017

Gangster Story (Bonnie and Clyde, 1967) di Arthur Penn

Storia, a metà tra documento e romanzo, della leggendaria coppia di banditi, Bonnie e Clyde, che terrorizzarono l’America durante la Grande Depressione. A Dallas, nel 1933, la cameriera Bonnie Parker incontra il ladruncolo d’auto Clyde Barrow, se ne innamora e inizia con lui una folgorante carriera criminale, specializzandosi nelle rapine in banca. Furbi, pericolosi e inafferrabili, i due diventano la spina nel fianco della polizia, mentre la gente comune, ridotta in miseria dalla crisi economica del ’29, li elegge a eroi popolari, simbolo vivente di un riscatto sociale e di una rivolta che tutti loro sognano di compiere, contro quel sistema che li ha umiliati. Mentre il cerchio delle forze dell’ordine si stringe sempre di più intorno ai due fuorilegge, sarà solo grazie alla complicità di un traditore che Bonnie e Clyde saranno fermati, finendo atrocemente crivellati sotto i colpi d’arma da fuoco della polizia. Questo abbagliante gangster movie biografico, drammatico e sentimentale è il capolavoro assoluto di Arthur Penn e una delle vette del genere noir. Acclamato da pubblico e critica alla sua uscita, riscosse un notevole successo anche all’estero. Frenetico ed esuberante nella sua carica violenta e nella sua forza espressiva, spezza il clichè romantico delle coppie ribelli che si oppongono al sistema, abbracciando una surreale dimensione burlesca che rende i due antieroi una sorta di folli disadattati e le loro azioni un tragico “gioco” di fiera protesta, per affermare spudoratamente il proprio diritto alla vita (a modo loro). Scritto benissimo (da David Newman e Robert Benton) e recitato egregiamente da un cast in grande spolvero (Warren Beatty, Faye Dunaway, Michael J. Pollard, Gene Hackman, Estelle Parsons e Gene Wilder), è un feroce poliziesco anarchico, ribollente di contagiosa energia e con una sottile carica sovversiva che non sfuggì al pubblico, decretandone così le grandi fortune al botteghino. Straordinari i titoli di testa, con le foto d’epoca dei veri protagonisti e i nomi degli attori che stingono nel rosso, un tripudio di fascinazione evocativa con annessa una tragica suggestione profetica. Prodotto dal protagonista Warren Beatty, che fece carte false per convincere Arthur Penn a tornare al cinema dopo le delusioni de La caccia, ebbe ben 10 nomination agli Oscar 1968 e vinse due statuette: la Parsons miglior attrice non protagonista e la bella fotografia calda di Burnett Guffey.

Voto:
voto: 4,5/5

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