mercoledì 17 maggio 2017

Magic in the Moonlight (Magic in the Moonlight, 2014) di Woody Allen

Negli anni ’20 il più celebre mago sulla scena europea è il cinese Wei Ling Soo, ma pochi sanno che dietro la sua maschera si nasconde Stanley Crawford, un inglese arrogante e presuntuoso con un’avversione naturale per tutti quelli che sostengono di avere poteri paranormali, che lui reputa tutti imbroglioni e che si diverte puntualmente a smascherare. Convinto dal suo vecchio amico Howard, il nostro parte per la Costa Azzurra per occuparsi di un nuovo caso: una giovane ragazza americana, Sophie Baker, ospite nella villa dei Catledge e di cui tutti dicono meraviglie in merito ai suoi poteri di medium e di veggente. Stanley è inizialmente convinto che la donna sia la solita ciarlatana e si relaziona con lei con la consueta durezza che gli è congeniale, ma, ben presto, inizia a ricredersi e finisce per innamorarsi di lei. Commedia lieve e garbata di amore e magia, sullo sfondo luminoso della Costa Azzurra degli anni ’20, diretta da Allen con tocco leggero e con il pilota automatico, forse a causa di un lavoro di scrittura che non brilla per originalità ed ispirazione. Il risultato finale è un’opera fresca e malinconica, che procede senza cadute nè colpi di genio verso un finale in chiaro scuro, fedele al pessimismo disincantato dell’autore. Il film ci parla di illusioni e illusionismo, di razionalità e istinto, di fede e di ateismo, e il suo messaggio conclusivo (invero un po’ banale) sembra essere che, alla fine, è l’amore il vero potere soprannaturale e che una dolce menzogna potrebbe anche esser meglio di un’amara verità. La direzione degli attori appare stavolta meno efficace del solito, in particolare la chimica tra i due protagonisti, il monolitico Colin Firth e la sempre sorridente Emma Stone, non sembra funzionare nel modo migliore. Trattasi, quindi, di un Woody Allen “minore” che, forse, in questa sua boutade francese ha mandato giù troppe bollicine di champagne.

Voto:
voto: 2,5/5

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