sabato 27 maggio 2017

È nata una stella (A Star Is Born, 1954) di George Cukor

Norman Maine, attore alcolizzato e vecchia stella di Hollywood ormai in vertiginoso declino, viene aiutato dalla giovane promettente cantante Esther Blodgett, che gli risparmia una figuraccia durante uno spettacolo. Il nostro si dedica affettuosamente alla carriera della donna, di cui riconosce subito l'immenso talento e le dà molti consigli per farsi strada nel difficile mondo dello showbiz. L'ascesa inarrestabile della grintosa Esther si sovrappone con la caduta libera, artistica ed umana, di Norman, ormai stanco e segnato nel profondo da una vita di eccessi e di successi, incapace di gestire dignitosamente il viale del tramonto e lo spegnimento dei riflettori sulla sua persona. Va così in scena la dura legge dello spettacolo, una stella nasce mentre un'altra, malinconicamente, si spegne, "the show must gon on". Capolavoro drammatico di Cukor, al suo primo film musicale e a colori, remake di È nata una stella (1937) di William A. Wellman (il film di Cukor avrà un ulteriore remake di Frank Pierson nel 1976 e, a quanto pare, un'altro ancora ne sarebbe in cantiere). E' un ritratto lucido, amaro e struggente dello star system, che ha il coraggio impietoso di mostrare cosa c'è dietro la facciata scintillante di lustrini, premi, abiti eleganti e feste mondane. E' un affresco, leggibile a più livelli, di straordinaria potenza tragica e sontuosa suggestione figurativa del lato oscuro di Hollywood, argomento già trattato in più occasioni dai grandi Maestri attraverso pellicole memorabili, a cui Cukor aggiunge la sua garbata e puntigliosa opera, che non sfigura affatto in codesto contesto. Bravissimi i due protagonisti, James Mason e, in particolare, Judy Garland che rivela un'incredibile attitudine come attrice, cantante, mima e ballerina, in quello che può essere considerato il suo primo vero ruolo drammatico. La produzione osteggiò il film (ritenendo troppo duro il ritratto fornito dell'ambiente hollywoodiano) ed operò parecchi tagli (nonostante il produttore principale fosse marito, in terze nozze, della Garland). Anche la critica non fu affatto benevola nei suoi riguardi, probabilmente influenzata dal potere politico delle major. Come al solito il tempo ha fatto giustizia, restituendo al film il suo meritato status di capolavoro. La pellicola ebbe sei nomination agli Oscar (miglior attore protagonista a James Mason, miglior attrice protagonista a Judy Garland, migliore scenografia, migliori costumi, miglior colonna sonora e miglior canzone per "The Man that Got Away") ma non portò a casa nessun premio.

Voto:
voto: 4,5/5

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