lunedì 29 maggio 2017

Jesus Christ Superstar (Jesus Christ Superstar, 1973) di Norman Jewison

Gli ultimi sette giorni della vita di Gesù Cristo (dall’ingresso trionfale in Gerusalemme al Getsemani, dal processo alla flagellazione, dal calvario alla crocifissione, dalla morte alla resurrezione) raccontati in forma di musical da un gruppo di turisti hippies appena sbarcati da un autobus in un deserto della Palestina. La storia è narrata dalla prospettiva di Giuda, un possente uomo di colore opposto ad un efebico Gesù biondo, che è il vero protagonista della storia, che ci viene presentata in una versione piuttosto alternativa rispetto all’iconografia tradizionale. Tratto da un celebre musical composto dal britannico Andrew Lloyd Webber adattando i libretti di Tom Rice, che ebbe grande successo nei teatri di Londra e di Broadway, è un affresco musicale psichedelico rivoluzionario che riscrive la più grande storia mai raccontata con i tempi e i modi delle ideologie utopistiche libertarie dei primi anni ’70, improntate su un populismo eversivo ma anche su un’esuberante visionarietà creativa. Si procede, quindi, tra invenzioni notevoli e cadute di stile, tra momenti alti e scivoloni nel kitsch, con un palpitante senso dell’eccesso e dello scandalo sempre in agguato che non giova alla resa complessiva. Tra le sequenze da ricordare: la fila di carri armati nel deserto, l’intenso patos nell’orto degli ulivi, la crocifissione di ispirazione pittorica, la fustigazione al rallenty, la baraonda finale rock misticheggiante. Molto belle le musiche e le canzoni (alcune divenute famosissime) curate da Andrew Lloyd Webber. Nel cast svetta il massiccio Carl Anderson nel ruolo di Giuda mentre Ted Neeley intepreta Gesù. Alla sua uscita il film suscitò reazioni contrastanti, fu un mezzo flop al botteghino e la Chiesa cattolica romana mantenne una posizione “morbida” rispetto ad esso, ritenendo che, pur nelle sue variazioni trasgressive rispetto alla dottrina ufficiale, avrebbe comunque catturato l’attenzione dei giovani verso la figura del Cristo a causa del suo linguaggio moderno. Nel tempo è stato generalmente rivalutato come un piccolo cult, particolarmente amato dai giovanissimi, ma è un film profondamente figlio della sua epoca e, quindi, difficilmente giudicabile e comprensibile al di fuori del contesto storico che lo ha partorito. Il pubblico moderno ne potrà apprezzare essenzialmente le musiche e le ardite trovate visuali, ma difficilmente potrà capirne il vero spirito. I nostalgici imperituri di “quegli anni formidabili” lo rivedranno con intensa gioia, ma con scarsa obiettività.

Voto:
voto: 3,5/5

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