sabato 27 maggio 2017

My Fair Lady (My Fair Lady, 1964) di George Cukor

A Londra, agli inizi del '900, il professor Higgins, misogino glottologo britannico conosciuto in tutto il mondo, scommette con un amico di riuscire a trasformare una giovane fioraia, Eliza Doolittle, sgraziata e con un orribile accento, in una dama di alta classe, nel giro di soli sei mesi. Dopo parecchie peripezie alla fine la scommessa sarà vinta e ci sarà spazio anche per l'amore. Imponente ed elegantissima commedia musicale di Cukor, tratta da un musical di grande successo del 1956 di Frederick Loewe e Allan Jay Lerner, a sua volta ispirato al "Pigmalione" (1914) di G.B. Shaw. La classe e lo stile del regista sono al servizio di una rappresentazione sontuosa nel trasferimento dell'azione dal palcoscenico allo schermo cinematografico, con una perfetta fusione tra l'allusiva recitazione degli attori, il sardonico umorismo al vetriolo, l'opulenza visiva delle scenografie e dei costumi e la caratterizzazione sopraffina dei personaggi in impeccabile sintonia con l'ambiente. E', probabilmente, il film più famoso, celebrato e premiato dell'autore. Di sicuro è il suo maggior successo sia in termini di riscontri al botteghino che di premi vinti. Il ruolo della protagonista doveva andare inizialmente a Julie Andrews, ma il regista le preferì un'attrice più nota come Audrey Hepburn, le cui doti canore erano però palesemente inferiori a quelle della Andrews. Per questo motivo la Hepburn venne sempre doppiata nelle parti cantate tranne che in una piccola porzione di una canzone. Un'altra questione complessa che si pose fu quella del doppiaggio italiano del film: infatti, in originale la Doolittle si esprime inizialmente usando il dialetto Cockney, ovvero l'inglese parlato dal sottoproletariato dei sobborghi est di Londra, per poi esprimersi in perfetto accento british dopo il tirocinio con il professore. Nella versione italiana si scelse di sostituire il Cockney con un improbabile miscuglio di dialetti meridionali (pugliese, napoletano e ciociaro), perdendo molte battute e sottigliezze linguistiche rispetto all'originale. La pellicole ebbe 12 nomination agli Oscar e si aggiudicò 8 statuette: miglior film, miglior regia a Cukor (al primo e unico Oscar della sua carriera), miglior attore protagonista a Rex Harrison, migliore fotografia, scenografia, costumi, sonoro e colonna sonora.

Voto:
voto: 4/5

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