venerdì 26 maggio 2017

Angoscia (Gaslight, 1944) di George Cukor

Nell’Inghilterra vittoriana Gregory Anton, subdolo gentiluomo dai modi suadenti, seduce e sposa la giovane Paula, convincendola ad abitare nella vecchia casa in cui viveva sua zia, Alice Alquist, celebre cantante lirica uccisa in circostanze misteriose. In realtà è stato proprio Anton ad assassinare la Alquist ed il suo diabolico piano è tornare nella casa per continuare a cercare i gioielli della vittima (che non è mai riuscito a trovare) e, contemporaneamente, far impazzire la moglie con una sottile strategia psicologica. Avvincente melodramma gotico di Cukor, carico di suggestioni noir, di fascino oscuro e di atmosfere morbose costruite con sapiente efficacia. Tratto dalla pièce teatrale Gaslight di Patrick Hamilton, già adattata per il cinema da Thorold Dickinson nel 1940, è un inquietante dramma psicologico straordinario per fascinazione evocativa e per la recitazione degli attori, al punto da essere considerato una sorta di archetipo di questo genere cinematografico per la sua capacità claustrofobica di giocare con i temi dell’inganno, della sopraffazione e della duplicità. La regia accurata e “invisibile” di Cukor ha fatto scuola in tal senso. Ebbe sette nomination agli Oscar e vinse due statuette: miglior attrice protagonista a Ingrid Bergman e migliore scenografia. Nel cast tra Charles Boyer, Ingrid Bergman, Joseph Cotten e Angela Lansbury è davvero difficile dire chi sia più bravo. Memorabile il confronto finale tra i due protagonisti, che inverte   il gioco delle parti con un coup de théâtre speculare di grande effetto drammaturgico, in un pezzo di magistrale bravura interpretativa. Il titolo originale deriva dall’espressione “gaslighting” con cui si indica una forma di sottile violenza psicologica che induce la vittima a smarrire il proprio senso di percezione della realtà, manipolandone così la psiche per i propri fini. E’ tra i capolavori dell’autore, un autentico caposaldo della sua filmografia.

Voto:
voto: 4,5/5

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