venerdì 19 maggio 2017

La Prigione (Fangelse, 1949) di Ingmar Bergman

Un professore di matematica, appena dimesso da una clinica psichiatrica, si rivolge a un regista per proporgli il soggetto di un film sul diavolo, che assume il dominio del mondo e dispone di lasciare tutto com’è. Il regista è, a sua volta, consigliato da un amico giornalista, Thomas, che gli offre una storia sulla vita di una prostituta, Birgitte, da lui conosciuta realmente durante un’intervista. A questo punto le vicende del film nel film iniziano a confondersi con la vita di Thomas e del regista, con una serie di eventi ora tragici ora surreali. Dopodiché il regista declina l’offerta del professore, adducendo la motivazione che egli, non credente, non intende piegarsi né al diavolo né alla sua antitesi (la Chiesa). Il sesto lungometraggio di Bergman è il suo primo vero film importante, anche se più ambizioso che riuscito, nel quale compaiono molti dei temi ricorrenti delle sue opere successive: il mondo assimilato a un “inferno” (nel quale il male domina e Dio è assente), la fragilità dell’amore (visto comunque come possibile salvezza), i dubbi metafisici che opprimono l’uomo costretto nella “prigione” dell’esistenza, il tutto inserito in una complicata vicenda su un film da girare, su un regista tormentato, su una prostituta che dovrebbe costituire il soggetto del film nel film e che, alla fine, si uccide. Influenzato pesantemente da Strindberg, da Sartre e dall’esistenzialismo, il film è una sorta di mappa delle ossessioni del giovane Bergman, che però non possiede ancora la capacità di controllo su un materiale così complesso e aggrovigliato. Straordinaria la scena, da tipico idillio bergmaniano, in cui Thomas e Birgitte trovano rifugio e conforto in una isolata pensione, dove scorgono un vecchio proiettore grazie al quale potranno vedere un film muto in bianco e nero. Il posto diventa così un luogo onirico dell’anima in cui, tra spettacolo e apparizioni, i due sembrano ritrovare la dimensione magica dell’infanzia e trascorrere dei momenti di reale serenità. Il film arrivò in Italia solo sul finire degli anni ’50, dopo che l’autore divenne famoso grazie ai suoi capolavori.

Voto:
voto: 3,5/5

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