venerdì 19 maggio 2017

Monica e il desiderio (Sommaren med Monika, 1952) di Ingmar Bergman

Due adolescenti, Monica e Harry, si conoscono, si amano e fuggono insieme da Stoccolma per trascorrere un’estate di passione sull’isola di Orno, lontani da tutto e da tutti. Come si sa gli amori estivi sono intensi e durano poco, ma, al ritorno a casa, la ragazza scopre di essere incinta. Costretta a sposare Harry in gran fretta, Monica entra in profonda crisi esistenziale e vedrà morire inesorabilmente il suo sentimento, con conseguente inesorabile disfacimento del rapporto di coppia. E’, forse, il più famoso tra i film del primo periodo di Bergman, un melodramma introspettivo malinconico e sensuale diviso in tre parti: la prima e l’ultima sono di un tetro naturalismo che asseconda i sentimenti e le emozioni contrastate dei personaggi. Straordinaria e “magica”, invece, la parte centrale sull’isola, perfetta fusione tra una sensualità straripante, una gioiosa energia vitale, un’audacia erotica insolita per i tempi (che causò alla pellicola problemi con la censura) ed un lirismo paesaggistico di luminoso simbolismo figurativo. E’ evidente che in questo segmento l’autore, nel raccontarci le voraci pulsioni di un amore estivo giovanile, ci parli di quel complesso momento di transizione tra l’adolescenza e l’età adulta e che, nel magnificare l’incanto della prima, sancisca il potere realistico della seconda. Il ritratto sincero e spudorato della gioventù dell’epoca, di cui il regista fotografa la voglia di ribellione e il desiderio di anticonformismo, è di vibrante valenza realistica, infatti, non a caso, il film folgorò i cineasti francesi della Nouvelle Vague (in particolare Godard e Truffaut), che definirono Bergman come un puro genio capace di cogliere l’istante e fissarlo su pellicola come nessun altro. Il celebre piano sequenza finale sul volto di Monica che guarda fisso in camera, rivelando dai suoi occhi il suo tormento interiore, fu definito da Godard come “il più triste della storia del cinema”. Magistrale interpretazione di Harriet Andersson nel ruolo della protagonista, che poi diverrà una delle attrici (e “muse”) preferite da Bergman, lavorando con lui ben nove volte, ex aequo con Liv Ullman e superata soltanto da Bibi Andersson (con undici film all’attivo).

Voto:
voto: 4/5

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