martedì 23 maggio 2017

L'immagine allo specchio (Ansikte moch ansikte, 1976) di Ingmar Bergman

La psichiatra Jenny Isaksson, rimasta momentaneamente sola (il marito è in viaggio per lavoro e la figlia in campeggio) e priva di dimora (la sua nuova abitazione è in costruzione ma non ancora pronta), ritorna nella vecchia casa dei nonni, alloggiando nella stanza che fu sua da bambina. In breve riemergono vecchi ricordi, antichi dolori, fantasmi del passato e la nostra cade in uno stato di profonda depressione in cui incubi e realtà sembrano mescolarsi. Una serie di orribili sogni peggiorano il suo stato emotivo e Jenny capisce di essere una donna interiormente spezzata, che finge di vivere in uno stato di apparente felicità esteriore. Dopo un tentativo di suicidio fallito la donna cerca di tornare alla sua vita normale, ma sarà davvero possibile ? Angosciante dramma psicoanalitico di Bergman, con suggestioni da thriller psicologico per le atmosfere malsane e per la malia oscura di certe immagini da puro incubo allucinato. L’autore ritorna ad esplorare, con lucido rigore e implacabile forza evocatica, i recessi oscuri della psiche femminile, dando vita ad un ritratto feroce, straziante e stupefacente di donna incapace di amare perché non si è mai sentita realmente amata. E’ un film profondamente onirico, di magistrale fulgore visivo, grondante di dolore e di tenerezza, assolutamente perfetto nella prima parte ma un po’ sfilacciato e accademico nel segmento conclusivo. Inizialmente concepito come prodotto televisivo a puntate, della durata complessiva di 200 minuti, fu adattato per il cinema, con la durata ridotta a 135 minuti, ed ottenne unanimi consensi ed apprezzamenti, tra cui due candidature agli Oscar 1977: Bergman miglior regista e la splendida Liv Ullmann miglior attrice protagonista. L’interpretazione della Ullmann, che con ammirevole dedizione si concede totalmente alla macchina da presa lasciandosi scrutare, attraverso un uso espressionistico dei primi piani, fin nell’interno, è di quelle che restano scolpite nella lunga antologia della “settima arte”. I suoi soliloqui, i suoi sguardi persi, l’esternazione emotiva dei traumi infantili o dei tabù repressi, si condensano in una gamma di espressioni che denotano un enorme lavoro di preparazione psicologica al ruolo, oltre che l’incredibile talento del regista nella direzione dei suoi attori (e, in particolare, delle sue attrici). Completano il cast Erland Josephson, Gunnar Björnstrand e l’esordiente Lena Olin in una piccola comparsa.

Voto:
voto: 4/5

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