Daniel Plainview è un cercatore di petrolio, misantropo, avido, feroce nel perseguimento della sua brama di possesso che non si ferma davanti a nulla e nessuno, al punto di calpestare morale, giustizia ed affetti personali. Un giovane viscido predicatore proverà ad ostacolarlo, mettendogli contro la bigotta comunità da lui manipolata grazie al fanatismo religioso, ma tutto finirà nel sangue, come già annunciato dallo splendido titolo originale. Dal romanzo "Oil!" di Upton Sinclair, P.T. Anderson ha tratto un apologo possente, dall'anima nera e dal respiro epico, sulle radici del sogno americano, piantate nella sporcizia dell'oro nero, nutrite dal sangue dei deboli e dalla cupidigia dei tiranni che hanno così posto le basi del capitalismo statunitense. Dedicato alla memoria del suo mentore, Robert Altman, e interpretato da uno straordinario Daniel Day-Lewis, che ci regala un'altra performance "bigger than life", è un'opera solenne, capitale, "sporca" e crudele, per certi versi paragonabile al leggendario Greed di Erich von Stroheim. Il finale nichilista, e volutamente eccessivo nella sua totale amoralità, fa da contraltare al silenzio della prima parte, fatta di immagini iconiche e potenti, e mette il suggello al pensiero del regista sul peccato originale da cui è scaturito il mito del "self made man". In una carriera superlativa come quella di Anderson quest'opera scomoda e imponente è un ulteriore balzo in avanti verso la maturazione definitiva.
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