lunedì 1 dicembre 2014

Suspiria (1977) di Dario Argento

Uno dei vertici dell’horror italiano, è la pellicola che ha consacrato internazionalmente Dario Argento come “mago del brivido”. Prima incursione nell’horror puro del regista romano, che abbandona momentaneamente il giallo ma non i suoi stilemi d’autore, anzi li esaspera e li enfatizza, garantendo la massima espressività morbosa, pur sfiorando il manierismo. La vicenda è interamente ambientata in una barocca scuola di danza femminile, in Germania, nel cuore della Foresta Nera. Qui giunge Suzy, giovane ragazza americana, che si troverà ben presto a fronteggiare una serie di orribili delitti e di eventi inquietanti che fanno presagire un oscuro segreto nascosto nell’Accademia. Memorabile la sequenza della “direttrice” che arriva di notte per dormire nella scuola, con le ragazze che ne odono i rantoli. Pellicola di culto dell’itinerario argentiano, come al solito debole dal punto di vista dei dialoghi e della recitazione e non priva di iperboli narrative, ma assolutamente geniale dal punto di vista stilistico e visuale. Ricca di virtuosismi, movimenti di macchina imprevedibili, sequenze visionarie, atmosfere macabre e morbose; è una crudele favola nera in salsa splatter che incanta ed inquieta per la ricercatezza estetica, per l’uso policromo dei colori saturati e per lo score musicale (dei Goblin) che bombarda ed attanaglia lo spettatore, immergendolo in un incubo audio-visivo. La consueta estetica argentiana della violenza esplicita e del sangue qui diventa crudele coreografia geometrica, che tende all’astrazione visionaria. I detrattori accusano il film di essere più stile che sostanza; in parte è vero, ma rimane un riferimento obbligatorio nella carriera di Dario Argento.

Voto:
voto: 4/5

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