Uno dei vertici dell’horror italiano, è la pellicola che ha consacrato internazionalmente Dario Argento
come “mago del brivido”. Prima incursione nell’horror puro del
regista romano, che abbandona momentaneamente il giallo ma non i suoi
stilemi d’autore, anzi li esaspera e li enfatizza, garantendo la
massima espressività morbosa, pur sfiorando il manierismo. La vicenda è
interamente ambientata in una barocca scuola di danza femminile, in
Germania, nel cuore della Foresta Nera. Qui giunge Suzy, giovane ragazza
americana, che si troverà ben presto a fronteggiare una serie di
orribili delitti e di eventi inquietanti che fanno presagire un oscuro
segreto nascosto nell’Accademia. Memorabile la sequenza della
“direttrice” che arriva di notte per dormire nella scuola, con le
ragazze che ne odono i rantoli. Pellicola di culto dell’itinerario
argentiano, come al solito debole dal punto di vista dei dialoghi e
della recitazione e non priva di iperboli narrative, ma assolutamente
geniale dal punto di vista stilistico e visuale. Ricca di virtuosismi,
movimenti di macchina imprevedibili, sequenze visionarie, atmosfere
macabre e morbose; è una crudele favola nera in salsa splatter che
incanta ed inquieta per la ricercatezza estetica, per l’uso policromo
dei colori saturati e per lo score musicale (dei Goblin) che bombarda ed
attanaglia lo spettatore, immergendolo in un incubo audio-visivo. La
consueta estetica argentiana della violenza esplicita e del sangue qui
diventa crudele coreografia geometrica, che tende all’astrazione
visionaria. I detrattori accusano il film di essere più stile che
sostanza; in parte è vero, ma rimane un riferimento obbligatorio nella
carriera di Dario Argento.
Voto:
Nessun commento:
Posta un commento