lunedì 1 dicembre 2014

Io non ho paura (Io non ho paura, 2003) di Gabriele Salvatores

Profondo Sud Italia nella torrida estate del 1978: tra cieli tersi ed assolati, oceaniche distese di grano, strade pietrose ed il rigoglioso esultare della natura generosa vive Michele, un ragazzino di dieci anni e di umile famiglia, che scorrazza in bicicletta tra i campi godendosi l'euforia magica della sua verde età. Ma, un giorno, fa una terribile scoperta: vicino a una casupola diroccata, in una fossa scavata nel terreno e coperta da una lamiera, è tenuto prigioniero un bimbo come lui, ridotto quasi a una larva ed accecato dal buio prolungato. Dopo l'iniziale paura Michele decide di aiutare il bambino, parlandogli e portandogli cibo e acqua, ma senza far parola con i "grandi" dell'incredibile ritrovamento. Scoprirà di lì a poco, in seguito all'arrivo a casa sua del viscido Sergio (un luciferino Diego Abatantuono), detto il milanese, che il bimbo nel pozzo è vittima di un sequestro organizzato dall'uomo del Nord e che tutta la sua famiglia è implicata nella sporca faccenda. Ma qualcosa va storto, la polizia stringe il cerchio intorno al paesello e lo spietato Sergio, preso dal panico, decide di sopprimere l'ostaggio. Dopo il generoso Oscar vinto con il mediocre Mediterraneo ed una serie di opere surreali e visionarie come Nirvana o Denti, Salvatores realizza il suo film migliore con questa splendida gemma che è anche uno dei vertici del cinema italiano del nuovo millennio. Tratto da un romanzo di Niccolò Ammaniti, Io non ho paura è un dramma con toni da thriller potente ed appassionante, che celebra la magia dell'infanzia, la sua purezza ed il suo alto senso di giustizia sotto l'egida dell'innocenza, opposti al degrado ed alla miseria morale del mondo dei "grandi", che hanno barattato l'incanto con il cinismo in nome dell'avidità. Questa struggente "favola" universale avvince, incanta, emoziona e commuove per tutta la sua durata, senza dimenticare la grande lezione del nostro cinema d'impegno civile attraverso i tanti temi d'attualità trattati: l'annosa questione meridionale, con l'atavica mancanza di lavoro che favorisce la delinquenza, il fascino malefico del denaro che rende possibile le azioni più subdole, lo sfruttamento del Nord ricco e civile sul Sud povero e ignorante e, non ultima, l'amicizia solidale tra coetanei, la sola forza positiva della storia, che si esplica attraverso il coraggio e la ricchezza interiore di Michele che fa da perno all'intera vicenda. Il Sud che Salvatores ci mostra in questo film è un autentico protagonista della vicenda: abbacinante, rigoglioso, quasi un luogo del mito per la forza maestosa di colori, suoni e odori, in netto contrasto con la cupa grettezza del mondo degli adulti. Tutto costruito sugli opposti mette in gioco l'eterna sfida tra bene e male, ideale e reale con grazia ed autenticità, regalando momenti di grande cinema, immagini straordinarie e sprazzi poetici che meritano un plauso speciale.

Voto:
voto: 4/5

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