martedì 30 marzo 2021

L'uomo del labirinto (2019) di Donato Carrisi

Una giovane donna, Samantha Andretti, si risveglia in stato confusionale in un letto d'ospedale. I suoi ricordi sono confusi a causa di una droga che è stata costretta ad assumere durante la sua lunga prigionia durata 15 anni. Samantha fu rapita, ancora adolescente, da uno psicopatico mascherato da coniglio e adesso riesce a ricordare di una sinistra prigione, che lei chiama "labirinto", e di un aguzzino che l'ha sottoposta a terribili torture psicofisiche nel corso degli anni. Il Dottor Green è l'uomo che deve aiutarla a recuperare la memoria per cercare di risalire all'identità del suo persecutore. Intanto l'investigatore Bruno Genko, uomo tormentato, disincantato e prossimo alla morte per una grave malattia, riprende le sue indagini sul caso Andretti. Un caso che, molti anni prima, lo aveva a lungo ossessionato ma non era mai riuscito a risolvere. Ha così inizio un'angosciante "caccia al tesoro", sempre più misteriosa, dentro e fuori la mente di Samantha. Secondo film da regista di Donato Carrisi (dopo "La ragazza nella nebbia"), ancora una volta tratto dal suo omonimo romanzo (e bestseller). E, nuovamente, ci troviamo di fronte ad un thriller psicologico con inquietanti atmosfere da mistery che ruota intorno ad una serie di personaggi ambigui e dall'animo travagliato, la cui progressiva messa a fuoco, tra flashback e colpi di scena, porterà alla risoluzione finale, con immancabile sorpresa annessa. Ma stavolta il risultato è un film più sfilacciato e confuso, penalizzato dalla ricerca programmatica di un effettismo narrativo, volto a stupire lo spettatore, che risulta claudicante e non all'altezza delle evidenti ambizioni dell'intero progetto. Anche l'impostazione del racconto su due linee parallele (l'indagine poliziesca di Bruno Genko/Toni Servillo e quella psicologica di Green/Dustin Hoffman) appare, alla lunga, stancante e poco equilibrata. Sicuramente migliore (anche dal punto di vista visivo) la parte con Servillo rispetto a quella di un  Dustin Hoffman incerto e fuori contesto. Molto brava invece Valentina Bellè che è la nota più lieta di quest'opera seconda di Donato Carrisi. Un "gigante" dai piedi d'argilla infarcito di citazioni pop.
 
Voto:
voto: 2,5/5

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