sabato 20 marzo 2021

Roma (2018) di Alfonso Cuarón

Città del Messico, 1970: nel quartiere Roma della metropoli messicana la domestica Cleo presta servizio presso una ricca famiglia con assoluta dedizione e amorevolezza. Cleo è la factotum della grande casa, si occupa di tutto e di tutti: marito, moglie, i quattro figli (che l'adorano), i nonni e persino del cane. Intanto nel paese iniziano ad esplodere forti tensioni sociali da parte dei tanti sottoproletari sfruttati fin dalla nascita e costretti ad un umiliante servilismo senza prospettive future da parte delle classi ricche, i latifondisti o l'alta borghesia a cui appartiene la famiglia di cui si occupa Cleo. La donna, india di nascita ed emotivamente vicina alla causa dei rivoltosi, è intimamente combattuta per l'amore che ha sempre provato nei confronti di tutti i membri della famiglia. E il suo patema aumenta quando scopre che Fermín, uno sfaccendato che l'ha messa in cinta per poi rifiutare di prendersi ogni responsabilità, fa parte dei manifestanti violenti che, armati e senza scrupoli, partecipano ai disordini scoppiati nelle strade. Dopo i grandi successi hollywoodiani Cuarón torna (finalmente) ad occuparsi del suo paese, realizzando il suo capolavoro, il film che resterà alla fine della sua carriera. Formalmente splendido, visivamente potente, intimamente profondo, carico di intensità emotiva, un "amarcord" personale che celebra le donne e ci regala un affresco storico-politico di un Messico pieno di contraddizioni e di contrasti sociali. Carico di metafore, di citazioni, di sequenze straordinarie, ma anche di sentimenti, sempre tenuti a bada con la giusta misura, un misto tra pudore e pietà, senza mai scadere nel patetico. Tiene bene a mente la "lezione" del nostro Neorealismo, aggiornandola alla sensibilità personale dell'autore ed all'estetica contemporanea, in bilico tra classicità e sperimentazione. E' un magistrale esempio di alto cinema d'Autore che cerca anche di strizzare l'occhio al mainstream (nell'accezione totalmente positiva del termine). La capacità del regista di trasformare in poesia (o in epica) i piccoli gesti della vita quotidiana, dando vita ad un'accorata elegia della dignità umana, rende questo film un solido modello da ammirare, e da studiare. Tre Oscar meritatissimi: miglior film straniero, miglior regia e miglior fotografia (sempre realizzata da Cuarón in un elegantissimo bianco e nero). Ma anche la magnifica protagonista, Yalitza Aparicio, lo avrebbe meritato.
 
Voto:
voto: 4,5/5

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