Clearville, anni '60. L'inafferrabile ladro mascherato Diabolik, di cui nessuno conosce la vera identità, semina il panico tra i ricchi abitanti, che sono vittime abituali dei suoi "colpi" ardimentosi, ed è l'ossessione del suo nemico numero uno, l'ispettore di polizia Ginko, che gli dà la caccia da anni ma arriva sempre con un attimo di ritardo. La città è in fremito per il ritorno della ricca e bellissima ereditiera Eva Kant, che porta con sè dal Sudafrica un gioiello di inestimabile valore chiamato il diamante rosa. Ginko è sicuro che Diabolik farà l'impossibile per rubarlo ed organizza un piano per utilizzare la donna come esca. Il vice ministro della giustizia, Giorgio Caron, da sempre innamorato di Eva, cerca di sedurla attraverso un subdolo ricatto, ma la ragazza è scaltra e determinata, e davanti al suo fascino persino il temuto Diabolik sarà colpito nel profondo. Tra doppi giochi, inseguimenti e colpi di scena, una passione inarrestabile scatta tra la sensuale bionda e l'imprendibile criminale, ma Ginko è un osso duro ed ha un inatteso asso nella manica da giocarsi. Questo poliziesco d'azione diretto dai Manetti Bros. (che lo hanno anche scritto insieme a Michelangelo La Neve), è il secondo adattamento per il cinema del celebre fumetto italiano di culto ideato dalle sorelle Angela e Luciana Giussani, che riscosse un grande successo popolare per tutti gli anni '60 e '70 e che ancora oggi viene regolarmente pubblicato con più di 900 albi all'attivo. Il primo adattamento fu quello, storico, kitsch, geniale, artigianale e visionario, portato in sala da Mario Bava nel 1968, con John Phillip Law, Marisa Mell e Michel Piccoli nei panni dei tre personaggi principali. C'era molta curiosità ed una notevole attesa per questa nuova trasposizione dei Manetti, arrivata dopo ben 53 anni dal film di Bava, che alla sua uscita fu largamente bistrattato dai più, ma amatissimo fin da subito dai critici francesi, per poi diventare, nel tempo, un autentico cult del nostro cinema di genere "eroico" degli anni d'oro. I due fratelli romani sono degli appassionati e profondi conoscitori del celebre fumetto nero delle Giussani e lo dimostrano ampiamente in questo giallo-thriller dalle atmosfere d'antan che è la fedele trasposizione dell'albo n.3, "L'arresto di Diabolik", pubblicato nel marzo 1963, il primo in cui compare il magnetico personaggio di Eva Kant, dark lady dallo "sguardo che uccide" e avanguardistico esempio di donna forte, sexy e pericolosa, che sa tenere testa ai maschi senza battere ciglio. Peccato però che il film risulti una totale delusione per una serie di macroscopici e imperdonabili difetti, che finiscono per oscurare del tutto le poche cose riuscite. Tra queste ultime vanno sicuramente citate le riuscite caratterizzazioni dei personaggi di Ginko e di Eva, rispettivamente interpretati da un malinconico Valerio Mastandrea e da un'abbagliante Miriam Leone, che, al netto delle sue non certo eccelse capacità di recitazione, risulta la perfetta incarnazione di Eva Kant per fisicità, sguardo, movenze e sex appeal. Ma le dolenti note arrivano invece dal protagonista, che appare totalmente inadeguato e sbagliato, un clamoroso miscasting per un attore indubbiamente molto capace come Luca Marinelli, che qui risulta maldestramente fuori luogo nei panni del "Re del terrore", sia per l'aspetto, sia per le movenze e, soprattutto, per le espressioni e per la voce. Il protagonista del film di Bava, l'americano John Phillip Law, interprete mediocre sbarcato da Hollywood in Europa a cercar fortuna, era fisicamente impeccabile per dar vita ad un Diabolik credibile, fascinoso, tetro e maledetto, e, grazie alla sapiente direzione del compianto Maestro ligure, ebbe anche il "merito" di parlare poco, aumentando la carica misteriosa del personaggio. Tra citazioni di Hitchcock, omaggi musicali alle sonorità di Bernard Herrmann, echi del "poliziottesco" anni '70 e rimandi alla trilogia di Fantomas di André Hunebelle, i Manetti costruiscono un film esile e senza una precisa identità (esattamente come il personaggio di Diabolik che cambia sempre faccia attraverso le sue famose maschere). Un film che si risolleva parzialmente nella parte finale, più vivace e fumettistica, ma che gira spesso a vuoto tra dialoghi banali, narrazione didascalica, una messa in scena che ha il sapore sciapo di una fiction televisiva della RAI ed una scarsa capacità di creare empatia tra lo spettatore e l'universo fittizio creato dalle Giussani (cosa che invece avveniva puntualmente nelle pagine dei cari vecchi tascabili pubblicati dalla casa editrice milanese Astorina). Va anche sottolineato come un ulteriore punto debole (che però riguarda, purtroppo, gran parte del cinema italiano contemporaneo) sia quello delle voci degli interpreti, spesso opache, anonime e poco comprensibili, impietosa evidenza del grande gap che oggi esiste tra i nostri attori ed i nostri doppiatori: con i secondi generalmente molto più talentuosi, accattivanti e credibili nella recitazione vocale, a discapito dei primi che, nella maggior parte dei casi, vengono selezionati principalmente in base alla fotogenia fisica. Nonostante gli esiti artistici zoppicanti ed un risultato al botteghino appena sufficiente, i Manetti Bros. sono già al lavoro per la realizzazione di due seguiti, che verranno girati contemporaneamente per ottimizzare i costi, con la conferma del medesimo cast, ma con un protagonista diverso nel ruolo cruciale di Diabolik: il romano naturalizzato canadese Giacomo Gianniotti. Staremo a vedere.
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