La bionda Heidi fa la DJ in una radio di Salem, Massachusetts. La cittadina di provincia è tristemente nota per un lugubre evento accaduto nel 1692, quando 19 donne (passate poi alla storie come "streghe di Salem") furono processate e condannate al rogo con l'accusa di stregoneria da parte di un sistema di potere fanatico, misogino, superstizioso e sanguinario. Heidi è ignara di questi vecchi fatti ma, dopo aver ascoltato un disco in vinile ricevuto in regalo da un anonimo misterioso, cade in una strana trance ossessiva che le fa perdere progressivamente il contatto con il mondo reale, come se fosse posseduta da una forza diabolica. Dopo la diffusione via radio della musica del disco, anche altre donne sembrano avere le stesse allucinazioni di Heidi. E' soltanto l'inizio di un terribile incubo, che sembra riportare direttamente ad un'antica maledizione lanciata da una delle donne bruciate vive 300 anni prima. Il quinto lungometraggio horror diretto dal cantante regista Rob Zombie, che lo ha anche scritto e prodotto, è, da un lato, un ritorno alle sue origini (il nostro è nato e cresciuto nella contea di Essex, in cui sorge la città di Salem) e, dall'altro, un tentativo solo parzialmente riuscito di fare un film diverso rispetto al suo stile, meno truce, meno efferato, ma più basato sulle atmosfere malefiche, sugli spettri del passato, sull'inquietudine strisciante, lasciando fuori fuoco spiegazioni ed elementi macabri. Se l'intento è lodevole e l'ambizione è alta, il risultato non è pienamente convincente, perchè Zombie è un regista viscerale, decisamente più a suo agio con la sciabola che con il fioretto, e, in questo caso, stenta a trovare il giusto filo narrativo, girando talvolta a vuoto. Però dal punto di vista tecnico la pellicola è pregevole, l'autore conferma la sua attitudine di visionario "maledetto" e la sua voyeuristica passione per il (bel) corpo della moglie Sheri Moon, a cui offre, per la prima volta, il ruolo di protagonista assoluta. Questo gotico moderno con le radici piantate in un oscuro passato di violenze, abusi e superstizioni all'alba della nazione americana, gioca con la fascinazione del male, con le suggestioni sinistre e cerca ardite connessioni con il cinema di Roman Polanski o di Ken Russell, dal cui talento però Rob Zombie è parecchio lontano. Ma il cambiamento estetico e la ricerca di un diverso registro espositivo sottintende un approccio autoriale al genere horror, ponendo il regista su un livello diverso (e più elevato) rispetto ai tanti mestieranti di categoria, che si limitano ad un bieco accumulo di scioccanti truculenze per fini puramente commerciali. Anche in questo film fa la sua apparizione il caratterista Sid Haig, interprete "feticcio" di Rob Zombie, scomparso nel 2019.
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