Sonia è una ragazza slovena che vive a Torino dove lavora come cameriera d'albergo. Attraverso un'agenzia che organizza "speed date" per far incontrare "cuori solitari", conosce Guido, un ex poliziotto ombroso che si occupa della sicurezza di una lussuosa residenza aristocratica collocata in un bosco, fuori dal centro abitato. Tra i due scatta la passione ma una tragedia inattesa li attende: durante una visita alla grande villa dove Guido lavora come custode, una banda di ladri armati irrompe nella casa e li immobilizza sotto minaccia per rubare tutte le opere d'arte e gli oggetti di valore. Ci scappa il morto, ma questo è solo l'inizio di un lungo incubo. Interessante esordio cinematografico del marchigiano Giuseppe Capotondi, passato dai videoclip musicali al cinema dopo una lunga gavetta, con questo cupo thriller onirico di suspense costruito sul confine tra inganno e verità, in un riuscito gioco di chiaroscuri che, fin dal terribile inizio straniante, lascia trasparire che le cose potrebbero non essere esattamente come sembrano. Senza svelare altro della trama, che prevede una serie di svolte e di sorprese, possiamo dire che questo film, passato praticamente in sordina nonostante la vetrina (e i premi) alla rassegna festivaliera veneziana, si avvale di riuscite atmosfere dark, di una sottile costruzione della tensione psicologica e di due personaggi ben delineati, ottimamente interpretati da Kseniya Rappoport e Filippo Timi. L'attrice russa, ormai stabilmente "adottata" dal nostro cinema dopo il suo folgorante esordio sotto la regia di Tornatore, ha ricevuto, per la sua performance dolorosamente intensa, la Coppa Volpi al Festival di Venezia 2009 come migliore interprete femminile. Alcune forzature macchinose pur presenti nell'impianto narrativo vengono risolte con agile disinvoltura grazie al buon lavoro di scrittura (la sceneggiatura è firmata da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo), al talento degli attori che sanno rendere "credibile" il proprio tormento interiore e ad una regia accorta che, senza strafare, favorisce una più affascinante ambiguità di fondo rispetto alle risoluzioni nette. Il suggestivo epilogo è l'apice emblematico di questo discorso, ma probabilmente rende il film meno appetibile per il pubblico medio. Nonostante sia un'opera intima e di nicchia, si è spesso parlato di un possibile remake americano e, nel 2011, il regista Joshua Marston ha confermato l'avviamento del progetto. Un progetto che però, finora, non ha ancora visto la luce (ma non è detto che questo sia un male). Sul filo astratto della "doppia ora" (ovvero quell'istante fugace in cui ore e minuti si eguagliano e potrebbero avverarsi i desideri), questo fosco affresco di solitudini e di anime perse alla disperata ricerca di "qualcosa", possiede la personalità per affrancarsi come un tentativo diverso in un panorama cinematografico generalmente asfittico come quello italiano contemporaneo.
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