Ad Åmål, piccola cittadina svedese dove non succede mai niente, due ragazze adolescenti, Agnes ed Elin, si innamorano e trovano il coraggio di rendere pubblica la loro relazione, sfidando le critiche scandalizzate dei moralisti bacchettoni e gli sfottò maliziosi dei coetanei. Agnes è bruna, timida e profondamente infelice. Elin è bionda, energica ed espansiva. Insieme le due riescono ad affrontare, non senza difficoltà, i giudizi taglienti di un contesto sociale arretrato che ritiene il loro sentimento immorale. Coinvolgente lungometraggio di esordio dello svedese Lukas Moodysson, che lo ha scritto e diretto all'insegna di un intenso naturalismo, disarmante per sincerità e graffiante per sottigliezza dell'analisi. E' un film semplice, schietto, libero e liberale, una immersione realistica e quasi senza filtri nel mondo degli adolescenti dell'estrema provincia svedese alle soglie del nuovo millennio. La love story tra le due protagoniste viene raccontata con spontanea freschezza, senza retorica e senza preconcetti giudicanti, ma gli interessi dell'autore gravitano principalmente intorno allo scandaglio del contesto sociale circostante, effettuando, da un lato, una lucida istantanea generazionale e, dall'altro, un affresco antropologico al vetriolo sul provincialismo borghese della Svezia che non ti aspetti: quella lontana dai grandi centri urbani e da quello stereotipo di spudoratezza sessuale che, fin dagli anni '60, alimentò un certo immaginario maschile in molti paesi collocati ben più a sud (con l'Italia in prima linea). Chi è cresciuto con il "mito" delle svedesi alte, bionde, procaci e "disponibili", dovrebbe quasi obbligatoriamente guardare questo film, per rendersi conto che nessun luogo è esente dai luoghi comuni e che la realtà è sempre molto più complessa dei superficiali cliché nazional-popolari. Forte di una sceneggiatura solida, di dialoghi secchi, di un'ambientazione pregnante e di due interpreti bravissime (Alexandra Dahlström e Rebecka Liljeberg, che sono anche le uniche due attrici professioniste del cast), questo piccolo grande dramma sentimentale è uno schiaffo alla "fottuta Åmål", utilizzata come simbolo di una società ipocrita che sbandiera in giro apertura mentale, emancipazione dei costumi e tolleranza delle diversità solamente fino a quando la questione rimane nel teorico e non intacca in modo diretto i propri interessi personali. Perchè, in quel caso, pur di difendere la reputazione privata, ecco che gli slogan liberali si trasformano puntualmente in reprimende conformiste. A tutto questo si oppone la vitalità ribelle di Elin e Agnes, tessendo un inno all'amore, alla libertà e alla difformità, con una messa in scena asciutta che è poco stile ma tutta sostanza. Alla sua uscita il film ottenne un enorme successo in patria e divenne un autentico fenomeno di costume al di là di ogni aspettativa, al punto di lottare testa a testa, in termini di incassi al botteghino, con il campione mondiale del box office di quel periodo: il pluripremiato Titanic di James Cameron.
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