In un popoloso quartiere proletario della Belfast del 1969, il piccolo Buddy (di 9 anni) vive felicemente insieme alla sua famiglia: due genitori belli e solidi che si amano moltissimo, due nonni affettuosi ed un fratello maggiore. Tutto il suo mondo fatto di giochi, scorribande con gli amici e pazienti attese del padre che lavora a Londra ma rincasa puntualmente nei weekend, viene messo in crisi dallo scoppio del conflitto nord-irlandese tra protestanti e cattolici, con i primi, guidati da facinorosi oltranzisti e da pericolosi teppisti, che prendono di mira i secondi infiammando le strade con scontri violenti, attacchi in bande armate e persecuzioni discriminatorie. In breve il quartiere, che ha sempre vissuto pacificamente con la minoranza cattolica, diventa territorio di scontro di una guerra dalle radici lontane che farà del territorio dell'Ulster un campo di battaglia, tra barricate difensive, cariche della polizia, blindati dell'esercito e continue incursioni delle gang protestanti. Nonostante la pericolosità della situazione Buddy e sua madre non intendono lasciare il luogo natio per nessuna ragione, mentre sua padre cerca di convincerli a trasferirsi all'estero in cerca di un futuro migliore. Nonostante la tensione sociale, le condizioni indigenti, i numerosi debiti, le incomprensioni e le difficoltà lavorative, la famiglia rimane sempre saldamente unita, in nome di un amore superiore a qualunque avversità. Il 18-esimo lungometraggio di Kenneth Branagh regista (e stavolta anche produttore e sceneggiatore) è uno dei suoi lavori più brillanti, riusciti e sentiti: un arioso dramma autobiografico ispirato al mondo della sua infanzia e dedicato alla città dove è nato e cresciuto e che, parole sue, ti resta dentro per sempre. E' quasi una prassi abituale per molti autori di cinema confrontarsi, prima o poi, con il proprio passato e raccontarlo attraverso un film. Da Truffaut, I 400 colpi (Les Quatre Cents Coups, 1959), a Fellini, Amarcord (1973), da Bergman, Fanny e Alexander (Fanny och Alexander, 1982), a Chaplin, Il monello (The Kid, 1921). Anche Steven Spielberg sta lavorando proprio in questo momento ad un'opera basata sulle proprie memorie infantili ed il suo altrettanto celebre amico e collega, George Lucas, aveva già realizzato qualcosa di analogo con American Graffiti (1973). Kenneth Branagh è uno di quegli irlandesi che sono andati via (citando la bella dedica dell'epilogo), ma che hanno lasciato un pezzo di cuore in quella loro terra meravigliosa e tormentata, carica di passioni e di contrasti. Attraverso l'alter ego Buddy il regista racconta il mondo magico e difficile dei suoi primi anni di vita nella Belfast sconquassata dai "troubles" e per farlo adotta una sontuosa confezione estetica in bianco e nero ed un registro narrativo agile e delicato, mai patetico, carico di brio, di entusiasmo e di tenerezza, asciugando saggiamente le stucchevolezze nei momenti drammatici e irradiando i suoi personaggi di una luce carezzevole, dolcemente nostalgica e fieramente amorevole. E' giusto affermare che questa pellicola sia un'autentica lettera d'amore di Kenneth Branagh alla sua città natale, al suo quartiere operaio e ad un'epoca più ingenua e spontanea in cui tutto il mondo era in una strada, ed era più che abbastanza per essere felici, nonostante tutto. Al netto di qualche passaggio lezioso e di qualche forzatura autoreferenziale (il piccolo Buddy che legge un fumetto di Thor), il film scorre con lieve piacevolezza, rasserena, appassiona e riesce a toccare abilmente i sentimenti soprattutto nelle sequenze con i nonni. Bravissimi tutti gli attori, selezionati e diretti alla perfezione, al punto che è arduo stilare una graduatoria di merito: da Caitriona Balfe a Judi Dench, da Ciarán Hinds a Jamie Dornan, senza dimenticare il piccolo Jude Hill, che quando sorride disarma anche lo spettatore più cinico e diffonde una contagiosa dolcezza infantile dallo schermo. Sono molte le scene di grande effetto e di morbida soavità, a cominciare da quelle ambientate a cinema o a teatro, le uniche in cui il regista ha scelto di utilizzare i colori per sottolineare il senso di meraviglia provato da Buddy, quell'incanto fantastico che probabilmente fece germogliare in lui stesso la passione per l'arte e per la recitazione. Acclamato (forse anche troppo esageratamente) da tutti i critici e gli addetti ai lavori, Belfast si è guadagnato 7 prestigiose candidature agli ormai imminenti premi Oscar 2022, tra cui miglior film, regista, sceneggiatura e attori non protagonisti (i magnifici Ciarán Hinds e Judi Dench). Menzione speciale per le canzoni originali del mitico cantautore Van Morrison, irlandese di Belfast e figura di prima grandezza della scena musicale internazionale, le cui influenze su cantanti e gruppi ben più conosciuti al grande pubblico sono state molteplici. Una delle 7 candidature è meritatamente sua, per la splendida "Down To Joy"; la prima della sua straordinaria carriera.
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