domenica 11 gennaio 2015

American Sniper (American Sniper, 2014) di Clint Eastwood

Storia vera di Chris Kyle, giovanotto texano senza troppe prospettive che sposa la bella Taya, si arruola nei Navy Seal e parte per la seconda guerra in Iraq dove, in mille giorni e quattro turni, diventa una leggenda in patria come infallibile cecchino, abbattendo almeno 160 uomini. Tornato a casa, non riesce più a staccarsi da quella guerra che gli è entrata dentro per sempre e finirà ucciso, tragicamente e beffardamente, da un reduce mentalmente disturbato che stava cercando di aiutare. Dalla biografia di Chris Kyle, il cecchino più letale della storia militare americana, Eastwood ha tratto un film sobrio, tecnicamente ineccepibile, ma di ardua decifrazione perché, vista la portata scottante del tema trattato, difetta in personalità e non si schiera mai in modo chiaro, finendo per avere un’identità ambigua. Difficile, infatti, rispondere alla domanda su cosa sia realmente quest’ultimo opus del grande regista californiano. Non è un’agiografia, perché il ritratto offerto di Kyle è quello di un uomo saldo e trasparente, dedito alla sua missione fino all’ossessione, ma anche carico di lati oscuri nella sua incapacità di relazionarsi con il mondo “normale”, di dedicarsi realmente alla moglie e ai figli, perennemente calato in una dimensione di guerra anche quando è a casa, sempre all’erta, coi nervi tesi e la pressione a mille. L’autore sceglie, però, una matrice “romantica” per la dedizione di Kyle in difesa del prossimo, dedizione che lo ha reso una “leggenda” sui campi di battaglia iracheni, ovvero quegli insegnamenti paterni, presentati con un pizzico di retorica nel prologo, che gli sono entrati nel profondo, instradando la sua vita come un “pastore di gregge”, un difensore dei deboli, a cominciare da quel fratello minore che non ne condivide la granitica saldezza. E non si può dire che questo sia un film antimilitarista perché, sebbene dispensi senza filtri gli orrori della guerra ed i suoi effetti devastanti quanto incancellabili sulla mente umana, mostra, con altrettanta enfasi dogmatica, la devozione assoluta di un professionistico apparato offensivo, i corpi speciali USA, alla propria missione di morte, all’annullamento implacabile di altrui vite in nome di una causa. Ma non è neanche corretto parlare, come hanno fatto alcuni critici italiani, di film “fascista” o “guerrafondaio”, perché il suo innegabile “nazionalismo” a senso unico va letto nell’ottica, parziale, del protagonista; infatti tutto ciò che vediamo ci viene presentato attraverso la totalizzante prospettiva di Kyle. Eastwood non si schiera apertamente, non entra mai in merito alla legittimità di quell’intervento armato, né si addentra in discorsi politici o in polemiche contro il governo. Sceglie, piuttosto, di non contraddire i forti ideali del protagonista, le cui scelte assolute, condivisibili o meno, determinano il tono ed il senso della pellicola. Sarebbe allora corretto parlare di un’analisi lucida, ma non sufficientemente problematica, dell’americano medio come “prodotto” della sottocultura delle armi, dell’uso della forza, dell’aggressività economica, dell’occhio per occhio e di quell’arroganza interventistica, giustificata sotto l’egida di un’edificante retorica patriottica, che molti tacciano di imperialismo. Ma, anche qui, il film ha scarso nerbo e, preoccupato di non offendere la memoria di un eroe nazionale, finisce per rimanere ignavo. E se le scene di guerra sono eccellenti per realismo, brutalità e patos, salvo qualche spettacolarità gratuita da action movie a stelle e strisce, quelle familiari sono stereotipate e spesso banali, per dialoghi e situazioni. Nel cast bravo e credibile Bradley Cooper, donatosi anima e corpo al progetto, che si conferma talento in forte ascesa, mentre Sienna Miller appare sottoutilizzata, relegata al ruolo “ornamentale” di controparte “dolce”, in mezzo a tanto testosterone. In definitiva, è una pellicola dignitosa ma innocua, al di sotto degli standard dell’autore, troppo rigida e schematica per risultare incisiva: proprio come dividere l’umanità in pecore, lupi e pastori.
 
Voto:
voto: 3,5/5

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